venerdì 8 febbraio 2008

FILOSOFIA MECCANICA

Filosofia meccanica

Nell’età che va da Copernico a Newton sono presenti sia le macro-scienze che le micro- scienze. Le prime , per esempio l’astronomia planetaria e la meccanica terrestre, hanno a che fare con proprietà e processi che possono essere, più o meno, direttamente osservati e misurati. Le seconde, per esempio l’ottica ed il magnetismo, le teorie sulla capillarità e sul calore, postulano invece delle micro-entità che vengono dichiarate di principio inosservabili. Galileo, Gassendi, Cartesio, Boyle, Hooke, Huygens, Newton parlano tutti di entità che possiedono caratteristiche radicalmente diverse da quelle dei corpi macroscopici che costituiscono il mondo della quotidianità. In questo contesto metafore ed analogie hanno una funzione centrale.
Nella filosofia meccanica la realtà viene ricondotta a una relazione di corpi o particelle materiali in movimento e tale relazione appare interpretabile mediante le leggi del moto individuate dalla statica e dalla dinamica. L’analisi viene quindi ricondotta alle condizioni più semplici e viene realizzata mediante un processo di astrazione da ogni elemento sensibile e qualitativo. La resistenza dell’aria, l’attrito, gli aspetti qualitativi del mondo reale vengono interpretati come irrilevanti, o circostanze disturbanti, per la spiegazione del fenomeno. I fenomeni nella loro particolarità e nella loro immediata concretezza, il mondo delle cose di tutti i giorni ed il mondo delle cose “magiche” del Rinascimento, non esercita più alcun fascino sui sostenitori della filosofia meccanica.
Si fa scienza attraverso modelli per la convinzione che la natura vera delle cose sfugge ai nostri sensi. Il suono, ad esempio, è una vibrazione dell’aria, ma il senso dell’udito ci fa pensare al suono e non al moto dell’aria.
E’ necessario per la scienza passare dall’osservabile all’inosservabile. E’ compito dell’immaginazione concepire il secondo, come in qualche modo simile al primo.
Robert Hooke è uno degli scienziati che nel Seicento partecipano intensamente ai dibattiti sulla costituzione della materia. Egli sostiene che, dal momento che la struttura interna della materia e degli organismi viventi sono inaccessibili ai sensi, la via da percorrere è quella delle analogie tra effetti prodotti da enti ipotetici ed effetti prodotti da cause note perché accessibili ai sensi. Da un’analogia degli effetti possiamo risalire a un’analogia delle cause. Hooke è uno scienziato “baconiano”. Applicando questo metodo fondato su somiglianze, analogie, confronti, egli spiega, tra le altre cose, l’azione dell’aria nei processi di combustione, appica il modello della capillarità alla risalita di fluidi nella circolazione linfatica delle piante.

La meccanica e le macchine

Il termine meccanicismo è una parola elastica, non facilmente definibile in modo univoco e finisce per assumere significati molto vaghi. Possiamo attribuire a questo termine due significati, spesso mescolati insieme o combinati nella nuova visione del mondo. Il primo fa riferimento ad un ordigno o macchina , una visione che considera l’universo simile ad un grande orologio costruito da un Grande Orologiaio, il secondo si riferisce al fatto che gli eventi naturali che costituiscono il mondo possono venir descritti ed interpretati mediante i concetti di quella parte della fisica che viene detta meccanica, cioè la scienza dei movimenti. Con Galilei e con Newton la meccanica è effettivamente diventata un ramo della fisica che studia le leggi del moto (dinamica) e le condizioni di equilibrio dei corpi (statica).
La cosiddetta filosofia meccanica è fondata su alcuni presupposti: 1) la natura non è la manifestazione di un principio vivente, ma è un sistema di materia in movimento retto da leggi; 2) tali leggi sono determinabili con precisione matematica; 3) un numero assai ridotto di tali leggi è sufficiente a spiegare l’universo; 4) la spiegazione dei comportamenti della natura esclude di principio ogni riferimento alle forze vitali o alle cause finali.
Sulla base di questi presupposti spiegare un fenomeno vuol dire costruire un modello meccanico che “sostituisce” il fenomeno reale che si intende analizzare. Questa ricostruzione è tanto più vera quanto più il modello sarà stato costruito solo mediante elementi quantitativi riconducibili alle formulazioni della geometria.
Il mondo immediato dell’esperienza quotidiana non è reale, reali sono la materia ed i movimenti (che avvengono secondo leggi) dei corpuscoli che costituiscono la materia. Il mondo reale è contesto di dati quantitativi e misurabili, di spazio e di movimenti e relazioni nello spazio. Dimensione, forma, stato di movimento dei corpuscoli sono le sole proprietà riconosciute come reali e come principi esplicativi della realtà.
La tesi della distinzione fra le qualità oggettive e soggettive dei corpi è variamente presente in Bacone, Galilei, in Cartesio e Pascal, in Hobbes e Gassendi e Mersenne. Essa costituisce uno dei fondamentali presupposti teorici del meccanicismo.

Nella filosofia meccanica i riferimenti agli orologi, ai mulini, alle fontane, all’ingegneria idraulica sono insistenti e continui. Per secoli era stata accettata l’immagine di un universo non solo creato per l’uomo, ma strutturalmente simile o analogo all’uomo. L’analogia microcosmo-macrocosmo aveva dato espressione ad un’immagine antropormorfica della natura, questa prospettiva viene completamente eliminata dal meccanicismo.
Il metodo del meccanicismo apparve così potente da essere applicato non solo al mondo della natura, a quello degli astri e alla caduta dei gravi, ma anche alla sfera delle percezioni e dei sentimenti degli esseri umani. Le teorie della percezione ad esempio appaiono fondate sull’ipotesi di particelle che, attraverso invisivibili porosità, penetrano negli organi di senso producendo moti che vengono trasmessi dai nervi al cervello.

Cose naturali e cose artificiali:
conoscere e fare

Nell’universo-macchina dei meccanicisti poiché ogni elemento (o “pezzo”) adempie ad una sua specifica funzione ed ogni pezzo è necessario al funzionamento della macchina, nella grande macchina del mondo non ci sono più gerarchie, fenomeni più o meno nobili. Il mondo concepito come un grande orologio fa cadere l’immagine tradizionale del mondo come una sorta di piramide che ha in basso le cose meno nobili ed in alto quelle più vicine a Dio.
Pierre Gassendi (1592-1655) professore di astronomia e matematica, autore di sottili obiezioni alle Meditationes di Cartesio, contrappone all’universo “pieno” cartesiano un universo composto da particelle indivisibili che si muovono nel vuoto. Gassendi è un deciso avversario degli aristotelici e degli occultisti ed è fortemente critico verso i cartesiani. Teorizzava uno scetticismo metafisico in cui il sapere scientifico aveva carattere limitato e provvisorio, solo Dio può conoscere le essenze. L’uomo può conoscere solo quei fenomeni dei quali può costruire modelli o solo quei prodotti artificiali (le macchine) che ha costruito con le sue mani.
La conoscenza delle cause ultime e delle essenze, che è negata all’uomo, è riservata a Dio in quanto creatore o costruttore della macchina del mondo. Dio conosce quel mirabile orologio che è il mondo perché ne è stato il costruttore, l’orologiaio.
Ciò che davvero l’uomo può conoscere è solo ciò che è artificiale. “E’ difficile – scrive per esempio Marin Mersenne- incontrare delle verità nella fisica. Appartenendo l’oggetto della fisica alle cose create da Dio non c’è da stupirsi se non possiamo trovare le loro vere ragioni…[…]..Conosciamo infatti le vere ragioni solo di quelle cose che possiamo costruire con le mani o con l’intelletto”.

Animali, uomini, macchine

Nella fisiologia di Cartesio ciò che è vivente non si pone più come alternativo rispetto a ciò che è meccanico. Gli animali sono macchine. Il riconoscimento di un’esistenza di un’anima razionale serve a tracciare una linea di demarcazione tra le macchine-viventi (gli animali) e alcune particolari funzioni di quelle particolari macchine (uniche nell’universo) che sono gli uomini. Solo questi ultimi infatti sono in grado di pensare e di parlare. Solo queste due funzioni appaiono agli occhi di Cartesio non spiegate in modo soddisfacente.
La saggezza o la capacità di adattarsi all’ambiente non sono dunque per Cartesio doti che le macchine possano acquisire. E lo stesso vale anche per il linguaggio. Macchine parlanti sarebbero (computer) in ogni caso incapaci di coordinare parole per rispondere al significato di ciò che viene loro detto.
L’anima razionale non può quindi derivare tutta la sua potenza dalla materia, ma è stata appositamente creata da Dio. Tutto ciò ( e non è davvero poco) che sta al di sotto della soglia del pensiero e del linguaggio è invece interpretabile secondo i canoni del più rigido meccanicismo. Nell’uomo l’anima ha la sua sede nella ghiandola pineale, vicino alla base del cervello ed essa controlla quei moti muscolari che trasformano i pensieri in azioni e in parole.
Anche il matematico ed astronomo napoletano Giovanni Alfonso Borelli (1608-79) parla di una somiglianza tra automi ed animali semoventi e si richiama alla geometria e alla meccanica come a due scale sulle quali è necessario salire per raggiungere “la meravigliosa scienza del moto degli esseri viventi”. Borelli muove da presupposti di tipo galileiano-cartesiano, solo la meccanica ci svela le leggi della natura, egli respinge ogni interpretazione chimica dei fenomeni fisiologici ed interpreta su basi puramente meccaniche i processi dell’intero organismo , ivi comprese la circolazione del sangue, il, battito cardiaco, la respirazione, la funzione renale.
La medicina- scriverà Denis Diderot nella grande Encyclopédie dell’Illuminismo (alla voce méchanicien) – aveva preso negli ultimi cento anni un aspetto completamente nuovo, aveva assunto un linguaggio del tutto diverso da quello che per moltissimo tempo era stato impiegato.

Si può essere meccanicisti e rimanere cristiani?

I maggiori filosofi naturali del Seicento sostenitori del meccanicismo ammiravano Democrito e gli antichi atomisti e il poeta romano Lucrezio che avevano costruito un’immagine del mondo di tipo meccanico e corpuscolare.Eppure questi pensatori rimasero sempre distanti dalle conseguenze ateistiche che si potevano ricavare dalla tradizione del materialismo. Rifiutavano quelle filosofie che negavano l’opera intelligente di un Creatore ed ascrivevano l’origine del mondo al caso ed al fortuito concorso degli atomi.
L’immagine della macchina del mondo implicava per essi l’idea di un suo Artefice e Costruttore, la metafora dell’orologio rinviava al divino Orologiaio.
I filosofi dai quali prendere le distanze, innumerevoli volte respinti e condannati, sono Thomas Hobbes (1588-1679) e Baruch Spinoza (1632-77) Il primo ha esteso il meccanicismo all’intera vita psichica, ha interpretato il pensiero come una sorta di istinto un po’ più complicato di quello degli animali. Spinoza ha invece fatto dell’estensione un “attributo” di Dio ed ha quindi negato la millenaria distinzione tra un mondo materiale ed un Dio immateriale, ha negato che Dio sia persona e possa avere scopi o disegni.Ha affermato l’inseparabilità tra anima e corpo, ha visto nell’universo una macchina eterna, priva di senso e di scopi.
Termini come hobbista, spinozista, ateo, libertino funzionano spesso, nella cultura del Seicento e del primo Settecento, come sinonimi.
Pierre Gassendi anche se pone gli atomi creati da Dio, apparve a molti pericolosamente vicino alle posizioni dei libertini. Mentre contro di essi polemizza vivacemente Marin Mersenne il quale abbandona la tradizione del pensiero scolastico e si schiera decisamente dalla parte della nuova scienza. Mersenne pensava che la magia naturale, che consentiva all’uomo di compiere “miracoli”, fosse assai più pericolosa, per la tradizione cristiana della nuova filosofia meccanica. Quest’ultima invece poteva essere conciliata con la tradizione cristiana. La tesi del carattere sempre ipotetico e congetturale delle conoscenze scientifiche , ai suoi occhi, lasciava infatti spazio alla dimensione religiosa e alla verità cristiana.
Anche Robert Boyle (1627-91) ha preoccupazioni di questo tipo. Nel momento in cui esalta l’eccellenza della filosofia corpuscolare o meccanica, egli si preoccupa di tracciare due lo linee di demarcazione. La prima deve distinguerlo dai seguaci di Epicureo e di Lucrezio e da tutti coloro che ritengono che gli atomi incontrandosi per caso in un vuoto infinito siano in grado da se stessi di produrre il mondo con i suoi fenomeni. La seconda serve a differenziarlo da coloro che egli chiama “ i meccanicisti moderni” ( che sono poi i cartesiani) per i quali le varie parti della materia (alla quale Dio aveva impresso una quantità invariabile di moto) sarebbero in grado di organizzarsi da sole in un sistema.
La filosofia corpuscolare della quale Boyle si fa sostenitore non va pertanto confusa né con l’epicureismo né con il cartesianesimo. Nel meccanicismo di Boyle il problema della “prima origine delle cose” va tenuto accuratamente distinto da quello del “successivo corso della natura”. Dio non si limita a conferire il moto alla materia, ma guida i movimenti delle singoli parti di essa in modo da inserirle nel “progetto di mondo” che avrebbero dovuto formare. Una volta che l’universo è stato strutturato da Dio e che Dio ha stabilito “ quelle regole del movimento e dell’ordine fra le cose corporee che siamo soliti chiamare Leggi della Natura”, si può affermare che i fenomeni “sono fisicamente prodotti dalle cose meccaniche delle parti della materia e dalle loro reciproche operazioni secondo le leggi della meccanica”.
Per Cartesio invece la scienza è in grado di dire qualcosa non solo su cosa è il mondo, ma anche sul processo della sua formazione. L’alternativa con Boyle è su questo punto radicale. Le strutture del mondo presente, nella prospettiva cartesiana, sono il risultato della materia, del tempo.
Di fronte a queste dottrine e a queste soluzioni, la posizione di Isaac Newton non è lontana da quella assunta da Robert Boyle. La presa di distanza dai possibili esiti ateistici e materialistici del cartesianesimo assumerà in Newton forme diverse ma resterà un tema dominante. Egli è convinto che un “cieco destino” non avrebbe mai potuto far muovere tutti i pianeti allo stesso modo in orbite concentriche e quindi il sistema solare è effetto di un “disegno intelligente”.

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