mercoledì 28 maggio 2008

Morbo di Parkinson

Il morbo di Parkinson (IPD nelle abbreviazioni - Idiopathic Parkinson's Disease) è una patologia dovuta alla degenerazione cronica e progressiva che interessa soprattutto alcune strutture del sistema extrapiramidale, cioè un'area ridotta del sistema nervoso centrale, detta sostanza nera o substantia nigra, un nucleo situato a livello del mesencefalo in cui viene prodotta la dopamina, un neurotrasmettitore essenziale per il controllo dei movimenti corporei. Nell'organismo si crea perciò uno squilibrio fra i meccanismi inibitori e quelli eccitatori, a favore di questi ultimi. L'innervazione eccitatoria (colinergica) prevale su quella inibitoria provocando progressivamente tremore a riposo, ipertonia con rigidità, incapacità al movimento senza riduzione della forza muscolare (acinesia), instabilità posturale, disturbi della parola e della scrittura, turbe vegetative e spesso sintomi ansioso-depressivi. Sebbene il deterioramento intellettivo non rappresenti un elemento tipico del quadro clinico delle fasi precoci della malattia, la demenza appare come uno degli esiti più frequentemente riscontrabili nelle fasi tardive, nella misura di circa un terzo dei casi.
Sintomi: Nella maggior parte dei casi il sintomo d'esordio è il tremore, ma in una percentuale non indifferente l'esordio è caratterizzato da impaccio motorio, senso di rigidezza o disturbi molto poco specifici. In genere all'esordio la sintomatologia è unilaterale e può restare tale anche per anni. La triade cardine del morbo è costituita da: tremore, rigidità ed acinesia, con variabile gravità. L'acinesia è la complessiva riduzione della motilità volontaria ed involontaria, e di regola si associa a lentezza dei movimenti (bradicinesia). Il tremore è tipicamente "a riposo", con bassa frequenza, scompare durante i movimenti volontari e in genere peggiora nelle situazioni di stress emozionale mentre è assente durante il sonno. Nelle fasi iniziali è localizzato soprattutto ai settori distali degli arti (è descritto spesso come "contare monete", meno frequente agli arti inferiori, può essere presente al volto (in particolare alla mandibola).
La rigidità è un segno caratteristico e costante e a volte costituisce per lungo tempo il solo segno di malattia. Colpisce tutti i distretti muscolari, anche se in genere esordisce ai muscoli assiali e col passare del tempo diventa prevalente ai muscoli flessori ed adduttori determinando il caratteristico atteggiamento "camptocormico", con capo flesso sul tronco, avambracci semiflessi ed intraruotati, cosce addotte e in leggera flessione sul tronco. Per eseguire movimenti il paziente necessità di molta concentrazione e tipicamente la gestualità e la mimica sono molto scarse. La mimica facciale è scarsa, l'espressione impassibile. La deambulazione è tipicamente a piccoli passi, strisciati, con avvio molto problematico e spesso si apprezza il fenomeno della "festinazione", cioè progressiva accelerazione della camminata sino a cadere. Il linguaggio diviene monotono, poco espressivo. Nella fase avanzata di malattia la disartria sfocia spesso nella anartria. Anche la scrittura in un certo senso evolve nello stesso modo (micrografia parkinsoniana) con grafia che tende a rimpicciolirsi. Oltre alla triade di base molti altri sintomi si possono associare a completare un quadro molto variabile da paziente a paziente.
alterazioni posturali (correlate alla rigidità ma comprendenti anche perdita del controllo posturale con frequenti cadute)
disturbi soggettivi delle sensibilità
ridotta velocità dei movimenti oculari
scialorrea, cioè eccessiva salivazione
disfunzioni vegetative
disturbi del sonno
turbe dell'affettività sono molto frequenti nei pazienti con malattia di Parkinson.
La diagnosi del Parkinson si basa essenzialmente sull'esame clinico, e a questo scopo è stata proposta una classificazione che divide la diagnosi in Possibile, Probabile e Certa, in modo simile a quello che accade in altre patologie neurologiche, come la paralisi sopranucleare progressiva. Questa classificazione mette in evidenza il fatto che la diagnosi di morbo di Parkinson in vivo sia solo presuntiva, e che la certezza la si riserva all'esame neuropatologico. La somiglianza clinica della malattia con altre forme di Parkinsonismo rende anche ragione del fatto che vi sia una percentuale di errore diagnostico del 20-25%. D'altra parte diverse caratteristiche della malattia di Parkinson all'esordio sono presenti anche in altre condizioni: le condizioni con le quali deve andare in diagnosi differenziale sono essenzialmente queste:
Tremore essenziale: il tremore essenziale è caratterizzato da un tremore che non si inibisce con il movimento volontario e quindi interferisce tipicamente con azioni con ad esempio, il bere da una tazzina.
Atrofia Multisistemica l' Atrofia multi sistemica è una rara patologia caratterizzata, nelle sue diverse forme cliniche da sintomi di tipo Parkinsoniano, cerebellare e disautonomico; nella sua espressione Parkinsoniana rende la diagnosi differenziale molto ardua;
Paralisi sopranucleare progressiva: la Paralisi sopranucleare progressiva è una rara patologia che esordisce con paralisi sopranucleare dello sguardo verticale, instabilità posturale e ipertono assiale che rende ragione delle frequenti cadute all'indietro. In mancanza di una eclatante sintomatologia sopranucleare, uno dei metodi di disgnosi differenziale consiste nella somministrazione ex juvantibus di L-DOPA, in quanto i pazienti con PSP non ne sono responsivi.
Degenerazione cortico basale: la diagnosi con il Parkinson risulta molto ardua, specie quando la demenza non è molto pronunciata e vi è tremore.
Parkinsonismo vascolare: il Parkinsonismo vascolare è causato da infarti multipli a carico della sostanza bianca e dei nuclei della base, che si presenta con difficoltà motorie, demenza, sintomi pseudobulbari, disautonomia e segni piramidali, e non risponde alla L-DOPA.
Terapia
La terapia della malattia di Parkinson è principalmente di tipo medico. La terapia tradizionale mira a risolvere la sintomatologia di tipo motorio (tremori, rigidità, acinesia), e permette una remissione dei sintomi specialmente a breve termine, laddove nel tempo essa non permette un controllo soddisfacente a causa di effetti collaterali importanti e di “wearing off” come nel caso della L-DOPA. Alla luce delle ultime scoperte scientifiche, però, i ricercatori e i clinici si sono accorti che questa malattia può essere corretta tanto meglio quanto più precocemente si riesce a ottenere prima la diagnosi, ma soprattutto a iniziare la terapia; partendo dal presupposto che la IPD è una malattia neurodegenerativa progressiva il cui esordio clinico avviene in una fase neuropatologicamente avanzata di malattia, e per questo quasi irreversibile, le nuove tendenze della diagnosi e della terapia si sono rivolte alla ricerca di farmaci neuroprotettori che preservino le cellule della SN dagli insulti principalmente ossidativi a cui sono sottoposte

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