lunedì 21 settembre 2009

IL PIACERE DELLA LETTURA

Autore : OLIVER SACKS
Titolo: Zio Tungsteno
Editore: gli Adelphi

MARIE CURIE: grande scienziata e grande donna

Persone
Marie Curie (1867-1934)

a cura di Giorgio Nebbia



Quando si sente parlare in Italia, della ricerca scientifica, si ascoltano spesso le lamentele per la scarsità di "risorse" (il nuovo eufemistico termine per indicare i soldi) per cui gli studiosi possono, troppo poco, andare qua e là per il mondo, da un congresso all’altro, da un soggiorno all’estero all’altro.

Io sono un sopravvissuto di un mondo, l’università dopo la Liberazione, in cui davvero si doveva viaggiare in terza classe da una città all’altra per andare a leggere quella rara collezione di riviste arrivata fortunosamente dall’America e in cui spesso ci si doveva pagare il viaggio con i magri stipendi. Non rimpiango quei tempi e forse l’austerità non è una virtù, anche se qualche volta proprio l’austerità ha stimolato il progresso scientifico. Mi viene in mente leggendo un bel libro di Susan Quinn, "Marie Curie, una vita", 550 pagine, pubblicato nel 1998 dall’editore Bollati Boringhieri di Torino; un’uscita non solo opportuna, ma che cadeva, tempestivamente, nel centenario della scoperta e della descrizione del radio.

Immaginate un capannone col tetto dalla copertura sconnessa che lascia passare la pioggia, e immaginate un mucchio di terra scura per terra, e immaginate un bancone e una giovane donna, laureata in fisica e in matematica, che, al caldo e al freddo, passa le sue giornate a trattare quella terra scura a venti chili per volta, con acidi, e a filtrare e a ridisciogliere i residui con altri acidi ancora. E immaginate suo marito, un giovane professore di fisica che, accanto a lei, controlla ogni frazione di materiale separato con un apparecchio (di sua invenzione) che misura la presenza dei "raggi" che provocano una scarica elettrica fra due elettrodi. Raggi simili a quelli emessi dall’uranio e dal torio.

Siamo a Parigi, un secolo fa. La giovane fisica, di origine polacca (si chiamava Marie Sklodowska, sposata Curie ed era nata nel 1867), aveva osservato che un minerale di uranio, la pechblenda, emanava i misteriosi "raggi dell’uranio" in quantità molto maggiore di quanto potesse essere giustificato dal suo contenuto di uranio: era come se nel minerale fosse presente un altro elemento molto più attivo dell’uranio stesso.

Maria e il marito Pierre Curie, dopo un gran numero di separazioni, nel giugno del 1898 poterono riferire di aver identificato un nuovo elemento chimico molto attivo, con proprietà chimiche simili a quelle del bismuto. "Suggeriamo", scrissero nella loro pubblicazione, "che il nuovo elemento sia chiamato ‘polonio’ dal nome del paese di origine di uno di noi".

Dopo altri sei mesi di lavoro poterono descrivere l’esistenza di un altro elemento ancora, che emanava i raggi dell’uranio con una intensità un milione di volte superiore a quella dell’uranio, con comportamento chimico simile a quello del bario, e chiamarono la nuova sostanza "radio" e il fenomeno "radioattività". La scoperta fu resa nota con una relazione presentata il 26 dicembre 1898, all’Accademia delle Scienze di Parigi. Si badi alle date: l’Accademia si riunì il giorno dopo Natale !

Per accertare la natura delle nuove sostanze i Curie riuscirono a farsi regalare, e in parte comprarono di tasca propria, alcune tonnellate di scorie residue delle miniere di pechblenda di Joachimsthal in Boemia (oggi Jachymov, nella Repubblica Ceca). Finalmente nel 1903 Marie Curie riuscì ad isolare cento milligrammi di cloruro di radio puro, e tale ricerca fu l’argomento della sua tesi di laurea in chimica.

Ben presto fu scoperto che il radio era prezioso per la cura dei tumori; una troppo lunga esposizione, però, provocava ferite e tumori. "Il raggio che uccide e risana" - era il titolo di un romanzo popolare del tempo - destò un’enorme impressione nell’opinione pubblica, in tutto il mondo.

I Curie si rifiutarono di brevettare il procedimento di preparazione del radio che fu ben presto fabbricato su scala commerciale. Il governo austriaco, di cui allora Joachimsthal faceva parte, vietò le esportazioni della pechblenda che si trovava nel suo territorio e si mise a estrarre il radio sul posto; quasi contemporaneamente il radio fu prodotto in Francia, negli Stati Uniti, in Svezia. Ma, al di là delle applicazioni pratiche, le scoperte dei coniugi Curie aprirono le porte alla comprensione della natura dell’atomo e del suo nucleo, alla radioattività artificiale, alla fissione e alla fusione nucleare, insomma al mondo moderno.

Altrettanto romanzesca quanto la storia del radio è la vita entusiasmante e drammatica di Marie Curie. In pochi anni diventò nota in Francia e in tutto il mondo ma, nonostante la celebrità, i Curie non solo non diventarono ricchi, ma dovettero fare i conti con ristrettezze economiche alleviate solo in parte dall’assegnazione, nel 1903, del premio Nobel per la fisica. Nello stesso anno 1903 Pierre Curie fu proposto per la Legion d’Onore, la massima onoreficenza francese, ma replicò che gli occorrevano non medaglie, ma piuttosto un laboratorio in cui continuare le sue ricerche, migliore di quello, esposto al vento e alla pioggia, in cui stava lavorando con sua moglie.

Pierre Curie morì a Parigi, investito da un carro a cavalli, nel 1906 e Marie rimase vedova a 38 anni con due bambine, Irene (che avrebbe ottenuto il premio Nobel per la fisica nel 1935 col marito Frederic Joliot per la scoperta della radioattività artificiale) e Eva, a cui si deve una bella biografia della madre, pubblicata nel 1937 e tradotta allora anche in italiano.

Nonostante l’impegno familiare e l’insegnamento, Marie Curie continuò le ricerche sulla separazione, purificazione e le proprietà del radio, che le valsero nel 1911 un secondo premio Nobel, questa volta per la chimica. Il successo, quale mai una donna, e una straniera per di più, aveva raggiunto, destò, come spesso capita, gelosie e invidie e la Curie fu al centro di una campagna denigratoria: dapprima fu accusata di essere ebrea, proprio negli anni in cui la Francia era travolta da una ondata di antisemitismo, culminata nel caso Dreyfus, poi di essere l’amante del collega Langevin, un fisico anche lui. Queste accuse le preclusero l’elezione, che sarebbe stata ben meritata, all’Accademia di Francia.

Eppure Marie Curie rimase fedele al suo impegno di studiosa, di madre e al suo altruismo: durante la prima guerra mondiale (1914-1919) organizzò delle unità mobili dotate di apparecchi per raggi X che permettevano, nelle vicinanze del fronte, di identificare rapidamente e con sicurezza le ferite dei soldati. Marie stessa, con la figlia Irene diciottenne, guidava uno dei laboratori mobili.

Nel 1918, alla fine della guerra, Marie Curie potè finalmente entrare nel nuovo Istituto del radio di Parigi, tanto desiderato e che porta ancora oggi il suo nome, dove aveva a disposizione laboratori adeguati, anche se l’Istituto era dotato soltanto di una piccolissima quantità, un solo grammo, del radio necessario per le sue ricerche, quando la produzione mondiale del prezioso e costoso elemento, da lei scoperto, ammontava ormai a vari chilogrammi.

Una giornalista americana organizzò allora, nel 1926, un viaggio che portò Marie Curie, già malata, in numerose città e università americane dove tenne faticosamente varie conferenze e fu accolta entusiasticamente come "la donna del radio". Come premio per tanta fatica riuscì a raccogliere i fondi per acquistare due grammi di radio per il suo Istituto.

Nel libro della Quinn il lavoro scientifico dei coniugi Curie e di Marie resta quasi in secondo piano, rispetto alla storia umana di questa straordinaria donna che ha rivoluzionato il mondo lavorando in condizioni difficili, con pochi soldi, fra l’ostilità dei colleghi, mossa solo da una straordinaria fede nella necessità di far progredire la conoscenza, dovendo far fronte anche ai doveri familiari. Nell’ottobre 1898, nel diario della Curie, si trovano osservazioni sui primi gridolini della figlia Irene; sono poi indicati due pagamenti, uno per un taglio di stoffa per le camicie del marito e uno per una fornitura, dalla Boemia, di pechblenda, il minerale da cui, nelle settimane successive i Curie avrebbero tratto la conferma dell’esistenza del nuovo elemento, il radio.

Capite ? tutto quello che noi siamo oggi, nel bene e nel male, tutta la comprensione della natura e della vita, lo dobbiamo ad una donna che tirava fuori dal proprio borsellino i soldi per pagare i materiali per i suoi esperimenti scientifici.

Tutto il libro racconta una grande storia umana, fatta di gloria –-- Marie Curie ebbe due premi Nobel --- ma anche di invidie, stupidità e gelosie; la Curie aveva una salute cagionevole, ma nelle pagine del libro della Quinn la troviamo anche che sorride guardando le figlie e la natura in cui passava le brevi vacanze. La troviamo che guida di persona, con al fianco la figlia Irene, sul fronte francese, le unità mobili dotate di apparecchi per raggi X, quei "Petit Curie" che salvarono numerose vite umane.

Marie Curie, che aveva descritto gli effetti curativi che il radio aveva sul cancro, pagò di persona gli effetti dannosi delle sostanze radioattive con cui era stata, senza alcuna precauzione, tanto a lungo in contatto. Marie Curie morì, infatti, nel 1934 di anemia perniciosa, conseguente la prolungata esposizione alla radioattività. Per iniziativa del presidente francese Mitterrand, nel 1995 le sue ceneri, insieme a quelle del marito Pierre, furono portate nel Pantheon, il tempio della gloria della Francia. Credo che ogni fisico, ogni chimico, ogni studioso, ogni donna, direi, dovrebbero essere orgogliosi di avere qualcosa in comune con una persona come Marie Curie. Vorrei che la sua passione e la sua storia umana, più che la speranza di cattedre, stipendi, onori e interviste televisive, spingessero un numero crescente di giovani studiosi ad esplorare il mondo della natura con lo stesso disinteresse, premessa essenziale per le scoperte capaci di alleviare il dolore dell’umanità.

Joseph Priestley e Antoine Lavoisier: insieme scoprirono l'ossigeno

Scoperta e distillazione dell’ossigeno

Nell’estate del 1774, in Inghilterra, Joseph Priestley scoprì che riscaldando il residuo calcinato di mercurio (l’ossido mercurico rosso) si liberava un’« aria» che, stranamente, sembrava perfino più forte o pura dell’aria comune:
«Una candela bruciava in quest’aria con fiamma sorprendentemente forte; e un pezzetto di legno portato al calor rosso crepitava e bruciava con rapidità prodigiosa, mostrando un aspetto simile, per certi versi, a quello del ferro incandescente al calor bianco, ed emettendo scintille in tutte le direzioni ».
Affascinato, aveva indagato ulteriormente il fenemeno, scoprendo che in questa atmosfera i topi sopravvivevano quattro o cinque volte più a lungo. A questo punto, sicuro che la sua nuova «aria» fosse di natura benigna, aveva provato a respirarla lui stesso:
«La sensazione che avvertivo nei polmoni non era percettibilmente diversa da quella causata dall’aria comune; ma credo che per qualche tempo, in seguito, il mio respiro fosse particolarmente facile e leggero. Chissà che in futuro quest’aria pura non possa diventare un lusso alla moda? Finora, solo due topi, e io stesso, abbiamo avuto il privilegio di respirarla ».
Nell’ottobre del 1774, Priestley si recò a Parigi per parlare dell’ « aria deflogisticata » con Lavoisier. E Lavoisier vide in essa ciò che lo stesso Priestley non aveva colto: la chiave per arrivare a capire la vera natura di quanto accadeva durante la combustione e la calcinazione,’ una cosa che fino a quel momento lo aveva sconcertato senza che riuscisse a venirne a capo. Lavoisier ripeté gli esperimenti di Priestley, li ampliò, li quantificò e li perfezionò. La combustione, ormai era chiaro, non comportava affatto la perdita di una sostanza (il flogisto), ma implicava piuttosto la combinazione del materiale combustibile con una parte dell’aria atmosferica, un gas per il quale egli coniò il termine ossigeno.

La dimostrazione di Lavoisier, e cioè che la combustione era un processo chimico - un’ossidazione, diremmo oggi, aveva molte altre implicazioni, e per lui rappresentò solo un frammento nel panorama, ben più ampio, di quella rivoluzione della chimica che aveva previsto. Arrostendo i metalli in storte chiuse, e dimostrando che non aveva luogo alcun evanescente incremento ponderale derivante da « particelle di fuoco », né alcuna diminuzione conseguente a perdita di flogisto, Lavoisier aveva dimostrato che in tali processi non c’era né creazione né distruzione di materia. Per di più questo principio di conservazione valeva non solo per la massa totale dei prodotti e dei reagenti, ma per ciascuno dei singoli elementi coinvolti.
La conservazione della massa implicava la costanza dei processi di composizione e decomposizione. Ciò indusse Lavoisier a definire « elemento » un materiale non ulteriormente scomponibile con i mezzi esistenti; poté così compilare (insieme a Guyton de Morveau e ad altri) un primo elenco di autentici elementi: trentatré sostanze semplici distinte e non scomponibili, che andavano a rimpiazzare i Quattro Elementi degli antichi. In tal modo fu in grado, per usare le sue parole, di tracciare un « bilancio », ovvero di tenere una precisa contabilità per ciascun elemento coinvolto in una reazione.
Sacks O., “Zio Tungsteno“, Adelphi, pag. 133

FRIEDRICH WOHLER: la forza vitale non esiste

FRIEDRICH WOHLER
.
.
Non credeva alla "Forza Vitale"
divenne così il fondatore
della chimica organica



Il 31 luglio del 1800 nasceva nel villaggio di Escherscheim in Germania Friedrich Wohler, figlio di un maniscalco, alle dipendenze del principe ereditario dell'Assia Cassel.

Vide la luce non in famiglia ma nella casa-canonica dello zio, parroco del paese, presso il quale il padre aveva dovuto rifugiarsi per sfugggire alle ire principe, dopo un singolare litigio. Irascibile, volgare, violento, il principe pochi giorni prima in una accesa discussione con il suo maniscalco, perse il controllo e preso dall'ira alzò le mani sull'uomo. La scena era avvenuta nelle scuderie mentre l'uomo accudiva i cavalli; con la frusta in mano per l'affronto subito perse anche lui il controllo, menò tante scudisciate addosso al principe da farlo sanguinare. Si era vendicato ma -ovviamente subito dopo- dovette abbandonare la casa e il posto e fuggire il più lontano possibile. Con la moglie quasi in procinto di partorire si rifugiò nella protettiva canonica dov'era suo fratello curato.

Se Friedrich vide quindi la luce lontano dalla sua casa, in cambio il padre gli trasfuse l'orgoglio, e lo zio curato in quell'ambiente gli insegnò le buone letture, l'amore per lo studio della natura, e in particolare dei minerali, essendo un collezionista amante e raccoglitore di questi.
Il ragazzo si dimostrò subito curioso, intelligente, studioso; appena grandicello lo zio viste le promettenti qualità del nipote, lo fece accogliere da un suo amico che possedeva una ricca biblioteca scientifica e in casa perfino un piccolo laboratorio di chimica.
Questa scelta dello zio fu determinante per il ragazzo; Friedrich già sentiva una certa passione per la chimica, e non gli parve vero di entrare dentro il quel piccolo laboratorio e poter maneggiare quegli apparecchi.
Erano in quel periodo gli anni in cui si stavano scoprendo le leggi della chimica, che Lavosier aveva ordinato in una scienza esatta.
Con l'amico dello zio e con la passione irrefrenabile che ormai aveva addosso, cominciò a familiarizzarsi con i piccoli esperimenti, che via via diventavano sempre più complessi e spesso anche pericolosi, ma dove il ragazzo non indugiava nel farli. Infatti si lanciò in esperimenti rischiosi; si bruciò una mano col fosforo e fu coinvolto nello scoppio di un pallone pieno di cloro; ma fece anche un'esperienza che in seguito lo avrebbe reso celebre. Non disdegnò perfino di compiere esperimenti su se stesso senza badare ai pericoli cui andava incontro.

Giunto alla matura età di studente, si iscrisse all'Università di Marburgo. Si sentiva portato per la facoltà di chimica, ma era nello stesso tempo affascinato dalla medicina, in particolare non alla fisiologia ma attratto da quei fenomeni chimici che hanno sede nel corpo umano. Scelse insomma medicina.
Oltre allo studio, all'Università, nella sua cameretta di studente, si era allestito un laboratorio di chimica. E qui non si mise a fare solo il dilettante, ma riuscì perfino a sintetizzare un nuovo composto.
Con molto entusiasmo lo portò al suo professore, di cui aveva grande rispetto e molta stima. Ma questi invece di interessarsi ai suoi esperimenti e incoraggiarlo lo rimproverò di perdere tempo con quelle "cose" di chimica invece di dedicarsi di più alla medicina.

Wohler ci rimase così male, che poco dopo cambiò ateneo e si trasferì all'Università di Heidelberg, dove, nel 1823, conseguì non solo la laurea, ma all'opposto del precedente professore, Gmelin che insegnava in quell'università, notando la grande passione per la chimica di questo suo intelligente allievo, lo persuase di dedicarsi a questo studio e, appena preso la laurea, gli procurò perfino l'occasione di recarsi a Stoccolma, presso il grande scienziato Joris Jacob Berzelius (1779-1848 - Il chimico svedese che aveva sviluppato la teoria atomica).
Qui nell'attrezzato laboratorio di Berzelius a Stoccolma, Wohler ebbe la possibilità di lanciarsi nella più grande avventura scientifica che visse la chimica all'inizio dell'Ottocento: la sintesi di una sostanza organica. Infatti, gli alchimisti, con le loro manipolazioni, avevano sintetizzato dei nuovi composti, ma tutti appartenevano al mondo inorganico. Così anche l'opera dei chimici della fine del Settecento e del principio dell'Ottocento era servita ad isolare molti elementi, e a costruire per sintesi moltissime sostanze: ma erano tutte sostanze inorganiche. Nessuno credeva possibile sintetizzare sostanze organiche: queste, si pensava, erano prodotte da una forza misteriosa, una "forza vitale", presente solo nel corpo degli esseri viventi, capace di operare soltanto entro di essi. Inutile sperare di poterla riprodurre fuori degli esseri viventi, nelle provette o negli alambicchi dei laboratori.
Ma questo lo pensavano gli altri, mentre l'ostinato Wohler era di parere molto diverso. Già da bambino nel piccolo laboratorio dell'accogliente amico dello zio, aveva provato a sintetizzare molte sostanze, fin da giovane studente era riuscito con successo a produrne alcune che contenevano moltissimi atomi e che erano certamente altrettanto complesse come le più semplici sostanze organiche; perché pensare dunque che queste fossero soggette a leggi più complesse di quelle della chimica già nota, anzi a leggi inconoscibili e imperscrutabili?
Wohler era sempre più convinto che gli animali potevano sintetizzare sostanze complesse con il "laboratorio" del proprio organismo, e che quindi anche in un laboratorio artificiale partendo da una sostanza inorganica si poteva formare una sostanza organica, senza l'intervento di alcuna "forza vitale". La sua convinzione e determinazione era che, anche se occorrevano molte esperienze e del tempo, non era certo impossibile arrivare al risultato.

Wohler ebbe la possibilità di conoscere un chimico tedesco, di tre anni più giovane di lui, che lavorava a Parigi ma era spesso in contatto con Berzelius, del quale apprezzava le critiche e i consigli : Justus von Liebig. Anche costui aveva, come Wohler, la passione per le sintesi. Mentre questi era ancora a Stoccolma, Liebig a Parigi riuscì a sintetizzare una sostanza di composizione assolutamente identica ad una già sintetizzata da Wohler, ma con proprietà chimiche e fisiche differenti.
Come poteva essere avvenuto che due sintesi chimiche avessero prodotto, a partire dagli stessi elementi, due composti totalmente diversi?
I due erano alle prime armi, e quindi la risposta la poteva dare solo Berzelius. Il padre della teoria atomica risolse quindi l'enigma. Scoprì che le due sostanze, erano sì composte dagli stessi atomi, ma questi non si erano disposti nella identica maniera nella molecola. I due giovani chimici avevano dunque sintetizzato due «isomeri». Fu questa una prima grande scoperta cui contribuì Wohler.

LA SINTESI DELL'UREA
Nel 1825 Wohler lasciò il laboratorio di Berzelius per recarsi ad insegnare alla Scuola Municipale di Commercio di Berlino. Aveva la possibilità di continuare i suoi studi di chimica e i suoi lavori sulle sintesi. La sua meta era ora quella di trovare la strada per sintetizzare anche una, una sola delle moltissime sostanze del mondo organico.
Ci si era accorti che certe sostanze, per esempio i grassi, sono uguali sia nel mondo animale che in quello vegetale. Dovevano esistere due modi differenti di arrivare, entro a vegetali e ad animali, allo stesso prodotto. Non era poi dunque tanto differente il modo di operare della misteriosa « forza vitale» nei due mondi organici. Wohler provò quindi a riprodurre la stessa forza anche in laboratorio.
E un giorno riuscì a ottenere, a partire dall'ammoniaca, un grammo soltanto, di cristalli lunghi e bianchi di una sostanza identica a quella, che un chimico francese, Rouelle, aveva isolato dall'urina da quasi cinquant'anni e che un altro francese aveva battezzato « urea ». Egli stesso la conosceva perché in medicina se ne era occupato nei suoi studi di fisiologia. Ma questa era la prima volta che dell'urea era stata prodotta al difuori di un organismo vivente, per mezzo di apparecchi scientifici e partendo da una sostanza del mondo inorganico come l'ammoniaca.

Era dunque una grande conquista, che suscitò subito un grande entusiasmo in tutto il mondo scientifico: era stata data infatti la dimostrazione dell'inesistenza della « forza vitale ».
Quindi gli esseri viventi, quando sintetizzano le sostanze organiche, si comportano come apparecchi di laboratorio, tutt'al più sono piu complessi. I ricercatori trassero coraggio da questa conquista della chimica. Di lì a pochi anni altre significative sintesi organiche si aggiunsero alla conquista di Wohler: Berthelot riuscì a sintetizzare l'acido formico, un allievo di Wohler l'acido acetico, Bayer trovò la composizione dell'indaco che fu presto possibile produrre industrialmente. La nuova chimica si avviava ad uscire dai laboratori e a divenire industria. Nel frattempo aveva ricevuto un impulso fortissimo anche come scienza: il vecchio maestro di Wohler ad Heidelberg, Gmelin, si era messo a scrivere un libro di chimica nel quale veniva ordinando sistematicamente tutte le scoperte dei ricercatori. Ma queste si susseguivano con tale rapidità che Gmelin non riusciva a seguirle. Si narra che esortasse i chimici a frenare il ritmo delle loro scoperte per dargli almeno il tempo di porre fine all'opera e pubblicarla!

GLI ANNI DELLA MATURITÀ
Alla sintesi dell'urea Wohler giunse quando aveva solo 28 anni. La sua abilità in laboratorio era tale che poté arrivare giovanissimo alla più importante conquista della sua vita. Ma aveva innanzi a sé molti anni di attività e non tardò a perfezionare le sue scoperte.
Nello stesso anno nel quale era giunto alla sintesi dell'urea si sposò, ma solo due anni dopo perse la moglie. Ne rimase affranto, sembrava che il dolore dovesse pesare per sempre sulla sua mente impedendole di esplicarne le doti migliori. Gli fu di grande conforto l'amicizia di Liebig, insieme al quale conduceva le sue ricerche.
Il secondo lavoro importante sulla chimica organica di Wohler fu quello sull'acido urico, studio condotto appunto insieme a Liebig. In questo lavoro i due chimici osarono profetizzare che si sarebbe arrivati a sintetizzare in laboratorio qualsiasi sostanza fosse prodotta dagli esseri viventi. Profezia che in gran parte si è avverata nel giro di poco più di un secolo.

Nel 1831 Wohler si trasferì a Cassel dove si dedicò, oltre all'insegnamento della chimica, e alle ricerche, sempre con Liebig. Nel 1836 si rese vacante la cattedra di chimica della facoltà di medicina dell'Università di Gottinga: il concorso fu vinto da Wohler che vi si trasferì e vi eresse un nuovo grande laboratorio. Alla stessa cattedra aveva concorso anche Liebig che venne escluso a causa dei maggiori meriti di Wohler: ma l'amicizia e la stima tra i due chimici non ne risentì.
A Gottinga Wohler si era risposato, lì ebbe quattro figlie, e a Gottinga si fermò fino alla morte che sopravvenne all'età di 82 anni, nel 1882.
Insegnò fino a tarda età e continuò le sue ricerche. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò (come aveva fatto Berzelius) alla ricerca di elementi nuovi. Fu il primo ad isolare l'alluminio, e più tardi ottenne anche il berillio e l'ittrio. (Ricordiamo che Berzelius aveva scoperto il selenio, il silicio, il tantalio, il torio e il vanadio).

Negli ultimi suoi anni Wohler poté assistere al trionfo della scienza cui aveva aperto la strada. Le opere di Wohler sono raccolte nelle memorie pubblicate su riviste scientifiche per i suoi lavori di ricerca. 276 portano la sua firma; altre 46 portano, oltre alla sua, anche quella di altri collaboratori (tra cui Liebig).
Alcuni volumi compendiano invece la sua attività didattica:
1831 «Fondamenti di chimica inorganica»
1840 «Fondamenti di chimica organica»
1853 « Esercizi pratici di analisi chimica» ripubblicato nel:
1861 come « Analisi minerale per mezzo di esempi».
Oltre a queste opere si dedicò anche a tradurre dallo svedese in tedesco alcune delle opere più importanti del suo maestro Berzelius.

Bibliografia
Scienza, i 21 Volumi della Fabbri Editori, 1966

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domenica 20 settembre 2009

Programma di chimica

Programma chimica

Storia della chimica:
Big bang e particelle elementari
Alchimia http://www.youtube.com/watch?v=-G5mREDTii0&hl=it
Metodo scientifico moderno e Galileo
La teoria del flogisto
Visione dvd sulla storia della chimica
Lavoisier e la sua legge
La tavola periodica e Mendeleev http://www.youtube.com/watch?v=m_jjiQa9UeQ&hl=it
Confronto tra Democrito e l’atomo moderno
La scoperta dell’elettrone: Thomson
La scoperta del benzene: Kekule
La scoperta dell’urea (PP)
La radioattività: Curie http://www.youtube.com/watch?v=KhnzUIqSCDo
Struttura elettronica dell’atomo: Gilbert Lewis
Scienza dei materiali: i fullereni
Le discipline chimiche


UNITA’ 1: MATERIA ED ENERGIA
Materia ed energia http://www.youtube.com/watch?v=zYLwcHKdSYY
Gli stati della materia http://www.youtube.com/watch?v=dQ14O3p80YM&NR=1
Classificazione della materia http://www.youtube.com/watch?v=yoHIvVovT_M
Proprietà fisiche e proprietà chimiche
Punto di fusione, densità
Trasformazioni fisiche e chimiche
Come separare i componenti di un miscuglio http://www.youtube.com/watch?v=y_W_Yhc_rwg&feature=related
Cromatografia http://www.youtube.com/watch?v=Y3hMJEpO2p4
Energia cinetica e energia potenziale
La temperatura http://www.youtube.com/watch?v=4r_2h34jZf0&hl=it

LABORATORIO: 1) riprodurre l’esperimento visto sul video della cromatografia su carta
2) Elementi e composti
3)La bottiglia magica


UNITA’ 2: ATOMI ED ELEMENTI
La teoria atomica di Dalton
La legge delle proporzioni multiple
La scoperta dell’elettrone
L’esperimento di Rutherford http://www.youtube.com/watch?v=5pZj0u_XMbc
Storia delle scienza, Rutherford_ http://www.youtube.com/watch?v=KGl3lcZBgC8
Le tre particelle subatomiche http://www.youtube.com/watch?v=sxxbgcfPO3U&hl=it
Il numero atomico, i simboli degli elementi, Mendeleeev scopre la periodicità
La tavola periodica http://www.youtube.com/watch?v=m_jjiQa9UeQ
Gli ioni
Gli isotopi, la massa atomica
Gli isotopi radioattivi, file://localhost/Fermi http/::www.youtube.com:watch%3Fv=lSpw0O1zqFU


LABORATORIO: 1) Gioco sulla Tavola Periodica
2) Saggi alla fiamma
3)Il calice di fuoco

UNITA’ 3: MOLECOLE E COMPOSTI
Lo zucchero e il sale
I composti hanno composizione costante
La formula chimica http://www.youtube.com/watch?v=DYzgQ2NyIKs&feature=PlayList&p=9BFC4EFD32FCD2AE&playnext=1&playnext_from=PL&index=45
Il concetto di valenza
Elementi, composti molecolari, composti ionici
Formule dei composti ionici, nomenclatura dei composti binari
Nomenclatura dei composti ternari: gli idrossidi , gli ossiacidi, i sali

LABORATORIO: 1) associare le formule ai composti disponibili in laboratorio

UNITA’ 5: LE REAZIONI CHIMICHE
Le equazioni chimiche e il bilanciamento
http://www.youtube.com/watch?v=DYzgQ2NyIKs&feature=PlayList&p=9BFC4EFD32FCD2AE&playnext=1&playnext_from=PL&index=45
Le soluzioni acquose e la solubilità dei composti ionici
http://www.youtube.com/watch?v=rLeEifQ9z3A&feature=PlayList&p=9BFC4EFD32FCD2AE&playnext=1&playnext_from=PL&index=51
Le regole di solubilità
Le reazioni di precipitazione
Le reazioni di neutralizzazione
Le reazioni con formazioni di gas
Le reazioni di ossidoriduzione
Classificazione delle reazioni in base a ciò che succede agli atomi o ai gruppi di atomi: sintesi, decomposizione, semplice scambio, doppio scambio.

LABORATORIO: 1) realizzazione delle reazioni chimiche studiate, in particolare le reazioni di precipitazione e quelle metallo-acido con formazione di gas.


UNITA’ 7: ELETTRONI, ATOMI E TAVOLA PERIODICA
La luce e le onde elettromagnetiche http://www.youtube.com/watch?v=7bfFBS7F8iI&hl=it
Il modello atomico di Bohr http://www.youtube.com/watch?v=i2MyRcjT7Ts
Il modello quantomeccanico: atomi con orbitali
Le configurazioni elettroniche e la tavola periodica http://www.youtube.com/watch?v=Y_0SRDlORlY&NR=1
Il modello quantomeccanico e le proprietà chimiche degli elementi
Proprietà con andamento periodico: il raggio atomico, l’energia di ionizzazione.
Il carattere metallico

LABORATORIO: 1) esperimenti sulle proprietà chimiche degli elementi: reazioni, conducibilità elettrica



UNITA’ 8: LEGAMI CHIMICI E FORMA DELLE MOLECOLE
I simboli di Lewis e la regola dell’ottetto
Il legame ionico http://www.youtube.com/watch?v=518QBdTtRdo
Il legame covalente http://www.youtube.com/watch?v=518QBdTtRdo
http://www.youtube.com/watch?v=Y_0SRDlORlY&NR=1
La forma delle molecole
L’elettronegatività degli elementi e la polarità delle molecole : differenza di elettronegatività e tipo di legame. Legami polari e molecole polari


UNITA’ 11: LIQUIDI, SOLIDI E FORZE INTERMOLECOLARI
Interazioni tra molecole
Le proprietà dei liquidi e dei solidi
I passaggi di stato e le forze intermolecolari
Le diverse forze intermolecolari: le forze di dispersione, le forze dipolo-dipolo, il legame a idrogeno
Diversi tipi di solidi cristallini: i solidi molecolari, i solidi ionici , i solidi atomici
L’acqua

LABORATORIO: La cucina molecolare.
Il gelato con l’azoto liquido http://www.youtube.com/watch?v=t8eNgLAKJR4.
Gel con la fecola di patate: http://www.youtube.com/watch?v=XeLBa53CI9E&feature=related


UNITA’ 13: LA VELOCITA’ DI REAZIONE E L’EQUILIBRIO CHIMICO
La velocità delle reazioni chimiche: la teoria delle collisioni, come influisce la concentrazione sulla velocità di reazione, come influisce la temperatura sulla velocità di reazione, le reazioni eterogenee.
Il concetto di equilibrio chimico
La costante di equilibrio: una misura del grado di avanzamento della reazione
Il caso degli equilibri eterogenei
Come si ottengono e come si utilizzano i valori delle costanti di equilibrio: come si ottiene uil valore, a cosa può servire conoscere i valori delle costanti di equilibrio.
Il principio di Le Chatelier: l’effetto della variazione della temperatura , della concentrazione, della pressione
L’energia di attivazione e i catalizzatori


UNITA’ 14: ACIDI E BASI
Proprietà generali degli acidi e delle basi
Definizioni di acido e di base a livello molecolare
Reazioni degli acidi e delle basi
La titolazione acidometrica
La forza degli acidi e delle basi
L’acqua: al tempo stesso acido e base
La scala del pH: un modo semplice per esprimere l’acidità o la basicità di una soluzione

sabato 12 settembre 2009

un'altra tavola periodica

http://kappi.altervista.org/scuola/biologia/appunti2/tavola-elementi.jpg

mercoledì 9 settembre 2009

ESPERIMENTO: CROMATOGRAFIA SU CARTA DELL'INCHIOSTRO

http://www.ipse.psu.edu/activities/paper/ink_chromatography.pdf

TAVOLE PERIODICHE STAMPABILI- GARA PER LA PIU' BELLA

Trovarne in rete digitando come parole chiave; PRINTABLE PERIODIC TABLE

ogni casella deve contenere almeno : numero atomico (ce l'hanno tutte) , massa atomica, elettronegatività, configurazione elettronica, numeri di ossidazione .

mercoledì 2 settembre 2009

Stiamo per cominciare!

Ultimi giorni di pacchia!!!