MONTEREY, CALIFORNIA -- Secondo James Watson, lo scienziato che ha vinto il premio Nobel per aver partecipato alla scoperta della doppia elica del Dna, il campione del tennis John McEnroe sarebbe la persona più adatta a rivestirne il ruolo in un film. Un'osservazione del genere la dice lunga su questo studioso di fama mondiale. E non è l'unica sorpresa emersa nel corso di un'ora di intervista con il corrispondente di Abc News Robert Krulwich, svoltasi nel corso del convegno sul futuro della vita organizzato dal Time. La conferenza ha avuto appunto inizio con le esternazioni dell'esuberante ricercatore settantaquattrenne, che ha commentato la sua celebre scoperta di cinquant'anni fa definendola un puro colpo di fortuna.
Il discorso di Watson è stato un curioso miscuglio di arroganza e umiltà. Alla domanda su chi fosse più acuto tra lui e Francis Crick, l'altro padre della doppia elica, ha risposto: «Lui, ovviamente». E di Rosalind Franklin, aspramente criticata nel suo libro La doppia elica, ha detto: «Era molto più intelligente di me». Ma Watson è molto più famoso per le sue osservazioni sarcastiche, come quella regalata a Linus Pauling, che ha vinto il Nobel per la chimica nel 1964 ma non è riuscito a scoprire la vera struttura del Dna. «Non riuscirò mai a spiegarmi come un uomo così preparato abbia potuto prendere un granchio del genere», ha detto riferendosi all'affermazione di Pauling del 1953 secondo la quale il Dna avrebbe avuto una struttura a tripla elica. «Ci si potrebbe scrivere un romanzo». Altrettanto nota è l'opinione dello studioso sull'aspetto della Franklin. Nonostante siano trascorsi cinquant'anni da quando lavoravano insieme al Cavendish Laboratory dell'Università di Cambridge, nell'intervista ha parlato un'altra volta senza peli sulla lingua. «Non riusciva in nessun modo a rendersi attraente», ha osservato. E quando Krulwich gli ha chiesto perché fosse così importante se la Franklin fosse bella o no, ha risposto semplicemente «È un elemento fondamentale». Punto di vista discutibile, ma quel che è chiaro è che Watson e Crick sono riusciti a decodificare la doppia elica del Dna, e la Franklin no.
L'origine della vita in un puzzle
Comunque, la Franklin ha fotografato il Dna, nell'immagine oggi nota come Foto 51, che si è rivelata essenziale nella realizzazione della scoperta di Watson e Crick. Ma è morta nel 1958, senza poter condividere il Nobel con loro e con Maurice Wilkins, un altro scienziato che come lei aveva fotografato la doppia elica. La Franklin non aveva mai creduto che il Dna potesse avere quella struttura, e si è sempre rifiutata di discutere quest'ipotesi con Watson e Crick. «Se solo avesse parlato un'oretta con Francis, ci sarebbero arrivati insieme», commenta Watson. Ma alla ricercatrice piaceva lavorare da sola. Amava a tal punto la solitudine - ricorda l'anziano scienziato - che una volta temette lo potesse picchiare, per aver scoperto che era entrato nel suo ufficio mentre lei non c'era (secondo lui la porta era aperta). Watson ricorda di essere andato nello studio della Franklin per raccontarle dell'assurdità della tripla elica di Pauling, nella speranza che quella sciocchezza potesse convincerla che la doppia elica era la struttura più probabile. Ma lei era convintissima che la forma a elica non c'entrasse proprio niente. «Disse che non aveva nessun bisogno di vedere l'articolo di Pauling, perché non si trattava di un'elica».
Ma il 27 febbraio del 1953, Watson era in trepidante attesa che un negozio di meccanica gli consegnasse i modellini di metallo che lui e Crick avevano ordinato per simulare i blocchi costitutivi del Dna. Era così impaziente che alla fine ritagliò da solo dei pezzi di cartone come nucleotidi adenina, citosina, timina e guanina (in breve i caratteri A, C, T e G). I due scienziati conoscevano già la composizione chimica di quegli elementi, e sapevano che essi rappresentavano una parte centrale della struttura del Dna. Ma non avevano idea di come fossero collegati fra loro. Quando Watson provò a mettere insieme i cartoncini del suo puzzle, la forma a doppia elica venne fuori da sola. I caratteri andavano a formare i pioli di una scala a doppia spirale. Era il culmine di una ricerca durata due anni, con un periodo di quattro settimane di lavoro particolarmente intenso, per individuare la struttura del Dna. «Sembrava troppo bello per essere vero», ricorda Watson. Crick entrò nella stanza poco dopo. «Allora ci fu il momento della gioia sfrenata». L'indomani era domenica. Mai - commenta Watson - avevano riposato così bene.
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