Nel futuro dell’astronomia un telescopio più potente di Hubble
Il «supertelescopio» costruito con la nuova tecnologia consentirebbe di osservare direttamente la regione circostante il centro di un buco nero
Nel giro di qualche decina d’anni, l’Universo potrà essere esplorato attraverso un «occhio spaziale» talmente potente da oscurare la fama di Hubble e Chandra. Secondo una ricerca pubblicata su Nature, Webster Cash e collaboratori dell’Università del Colorado, hanno portato la tecnologia un passo più vicino a questo incredibile traguardo. Gli scienziati hanno costruito in laboratorio un «interferometro» capace di incrementare da mille a un milione di volte la risoluzione angolare dei telescopi progettati finora. Il modello sembra adatto per una rapida espansione su scala maggiore, vale a dire per la costruzione a breve termine di un «supertelescopio» più potente di Hubble. Gli scienziati della NASA sono già in fermento, anche perché una simile tecnologia consentirebbe di osservare direttamente la zona circostante il centro dei buchi neri, studiata grazie all’effetto di distorsione del campo gravitazioale sugli oggetti circostanti, ma mai direttamente osservata. Quello che manca è una sufficiente «risoluzione angolare» dei telescopi, limitata dalla dimensione della loro apertura. In sostanza, per gli strumenti attuali, più grande è il telescopio, maggiore è la risoluzione che può essere raggiunta. Hubble ha una risoluzione di circa 0,1 arcsecondi, vale a dire che per incrementare la risoluzione a 0,1 microarcsecondi il diametro di Hubble dovrebbre espandersi fino a 240 chilometri. Missione impossibile, come si può immaginare. Esiste comunque una via alternativa. Un «interferometro» infatti combina il segnale derivante da molti piccoli telescopi per creare un’immagine che risulta simile a quella proveniente da un solo enorme strumento. I segnali derivanti da ciascun telescopio «interferiscono» tra di loro per creare degli spettri che possono essere ritrasformati in immagini attraverso un’elaborazione al computer. L’interferometro di Cash utilizza due gruppi di specchi per dirigere I raggi X e consentire la creazione degli spettri di interferenza. Ma il passo dal laboratoro allo spazio dovrà attendere ancora un po’. Nelle condizioni attuali, gli esperti stimano che la costruzione di un simile apparato avrebbe bisogno una flotta di 33 sonde spaziali coperte di specchi, volanti in formazione con un errore di posizione non maggiore di 20 nanometri, oltre a una sonda spaziale per la recezione del segnale 500 chilometri sotto la squadra. Una bella sfida, ma la missione stavolta sembra verosimile. Questa almeno è l’opinione degli scienziati della NASA, che già hanno trasformato la novità in un progetto concreto per la costruzione di una sonda «pilota» da lanciare nel 2015. Il nuovo gioiello, sebbene impostato come un lavoro esplorativo, promette già una risoluzione mille volte superiore a quella del Chandra X-ray Observatory. Barbara Bernardini
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento