LE CELLULE STAMINALI: CELLULE DIFFERENTI DALLE ALTRE E TRA LORO
Tutte le cellule del corpo umano di uno stesso individuo contengono nel nucleo le stesse molecole di Dna , tutte ad eccezione dei gameti, ovociti e spermatozoi, che invece contengono la metà delle molecole di Dna rispetto a tutte le altre cellule (cellule somatiche). Questo dimezzamento è facilmente spiegato dal ruolo stesso dei gameti, cellule destinate alla riproduzione sessuata , destinate cioè a fondere il loro nucleo con quello del gamete dell’altro sesso ripristinando nella prima cellula del nuovo individuo (zigote) il normale quantitativo genetico tipico delle cellule somatiche. In sostanza, per non raddoppiare la quantità di Dna ad ogni generazione, il Dna dei gameti viene dimezzato in seguito a quella particolare divisione cellulare che si chiama meiosi.
Meno immediata è invece la ragione del perché le cellule somatiche di un organismo, pur avendo tutte lo stesso identico materiale genetico, siano diverse tra loro, nella struttura e nelle funzioni, a volte in modo molto evidente. Una cellula dello strato superficiale della pelle (epidermide) ed una cellula nervosa (neurone) hanno lo stesso Dna ma non possono essere più diverse l’una dall’altra. Che i neuroni siano cellule, tra l’altro, non è stato scontato nemmeno per chi, magistralmente, le rese osservabili al microscopio ottico ( Camillo Golgi nel….), le mille ramificazioni sottilissime dei neuroni cerebrali formano un tale groviglio che non fu affatto evidente riconoscerne la natura cellulare.
La domanda è: se il Dna è il responsabile delle caratteristiche cellulari e quindi dell’individuo (almeno per la componente genetica non ambientale) come è possibile che cellule che contengono lo stesso identico Dna possano essere diverse? Da cosa dipende il differenziamento cellulare? La risposta a questa importante domanda risiede nel comportamento dei geni (tratti di Dna) che per esprimersi, per espletare cioè la loro funzione di guidare la sintesi proteica, non è sufficiente che siano presenti nel Dna ma devono anche essere in forma attiva, “accesi”. Ora che la morfologia dei geni (la sequenza) è nota completamente, la ricerca della biologia molecolare si concentra sull’aspetto della regolazione genica, sull’individuazione cioè di quei meccanismi che portano un gene esistente a funzionare, ad essere in forma attiva ed espletare il suo unico ruolo: quello di sovrintendere la sintesi delle proteine.
Le cellule si differenziano dunque grazie alla diversa attività genica, anche se i geni sono tutti presenti ne funzionano solo alcuni, quelli necessari alla cellula, in dipendenza dal tipo cellulare ma anche semplicemente dal momento di vita o da esigenze estemporanee. All’interno di una singola cellula quindi, non sono sempre presenti tutte le proteine potenzialmente utili, sarebbe troppo dispendioso energeticamente produrre sempre e comunque tutto l’eventuale necessario. La cellula modula la sua attività genica in seguito delle a segnali chimici che arrivano dall’ambiente extra ed intracellulare che “spengono od accendono” i geni confinati nel nucleo. Così le fibre muscolari producono miosina ed actina in maggiore quantità in seguito a segnali chimici che conseguono all’esercizio fisico, così i melanociti producono più melanina in seguito ad esposizione solare, così le cellule pancreatiche producono più enzimi digestivi in seguito all’assunzione di cibo.
Il rinnovamento cellulare al quale è soggetto il corpo per tutto il corso della sua esistenza, deve tutto alle cellule staminali che lavorano incessantemente rigenerando il perduto. Sono cellule destinate a non avere una loro identità, sono allo stadio indifferenziato. Quando si dividono mantengono sempre un quota di loro stesse. Dalla cellula-madre vengono fuori due cellule-figlie, una che si differenzia ed un’ altra che resta indifferenziata. E’ una mitosi asimmetrica,i prodotti cellulari hanno due destini diversi, questo lo possono fare solamente le staminali. In alcuni tessuti sono numerosissime ed in grande attività (midollo osseo, pelle) , in altri sono invece molte meno con una capacità di riparazione limitata o ancora da dimostrare.
Ma tutti i tipi cellulari del nostro corpo (ce ne sono circa ……) derivano da un’unica cellula, dallo zigote, frutto della fecondazione dei gameti, nelle tube uterine di nostra madre (per lo meno parlando di fecondazione naturale), questa è la cellula progenitrice di tutte le nostre altre. Essa contiene tutti i geni che servono per i tipi cellulari futuri, un errore in un gene si ripercuoterà su tutte le cellule che lo esprimeranno. Lo zigote è una cellula che ancora non si è specializzata, è tutto e niente, è una cellula senza un’identità precisa in termini di tessuto, organo o apparato, si dice che è una cellula totipotente. Questo è il termine che indica la potenzialità di una cellula di differenziarsi in qualunque altro tipo cellulare.
Questa preziosa condizione non è una prerogativa esclusiva dello zigote ma viene condivisa dalle cellule che derivano da esso nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale. Sono queste le cellule staminali embrionali oggetto del dibattito bioetico. E’ proprio la totipotenza che attrae gli scienziati, si vorrebbe sfruttare questa preziosa capacità, trapiantandole in organi malati e sperando che si differenzino in cellule di quel tessuto arrivando a sostituire quelle malate. Ma proprio la totipotenza , la loro estrema plasticità è per qualcuno anche fonte di preoccupazione, in particolare si teme l’insorgenza di forme cancerose se non si riuscisse a controllare i loro cicli riproduttivi.
Nell’embriogenesi, man mano che le divisioni cellulari procedono, le cellule da totipotenti diventano pluripotenti, un grado minore di versatilità, ancora molto pronunciata ma non totale. Possiamo dire che durante lo sviluppo embrionale si va progressivamente perdendo potenzialità, plasticità. Quando la cellula diventa “adulta”, appartenente ad un determinato tessuto e organo perde la plasticità delle cellule dalle quali deriva. In termini genici questo significa un progressivo inattivazione di alcuni geni ed attivazione di altri. In maniera definitiva? Il differenziamento cellulare è una strada senza ritorno? Fino a poco tempo fa si pensava di sì, la strada del differenziamento veniva immaginata come irreversibile, l’adulto non può ritornare bambino. Si è invece dimostrato che non è così: la clonazione della pecora Dolly ne costituisce la prova.
La prova consiste nell’aver dimostrato con la clonazione che Il Dna appartenente ad una cellula differenziata (della pelle ad esempio) può riprogrammarsi fino a comportarsi come uno zigote a patto di essere inserito nell’ambiente giusto, in un ovocita denucleato ad esempio. Fattori ambientali presenti nel citoplasma della cellula uovo fanno avvenire il miracolo: l’ovocita con il nucleo di una cellula somatica estranea non si comporta diversamente da uno zigote “tradizionale”, comincia a dividersi per formare un embrione. Non si pensi tuttavia che la clonazione sia così semplice da eseguire, per ottenere Dolly sono stati fatti numerosi tentativi, l’efficienza dei protocolli di clonazione da espianto nucleare è ancora molto bassa nonostante siano stati clonati, in seguito alla povera Dolly che avuto vita breve, diversi altri animali .
E’ stato dunque abbattuto quello che per tanto tempo è stato un dogma della biologia cellulare: intendere il differenziamento cellulare come una strada senza ritorno, il ritorno è invece possibile, la totipotenza può essere ripristinata, non facilmente ma è stato possibile farlo.
Con termine clonazione terapeutica si intende la produzione di embrioni non a scopo riproduttivo ma esclusivamente come fonte di cellule staminali totipotenti da usare a scopo terapeutico. Non embrioni qualsiasi ma derivanti da un nucleo dell’individuo da curare, veri e propri cloni dunque di sé. L’utilizzo delle cellule staminali derivanti da questi embrioni avrebbero l’indubbio vantaggio di evitare del tutto problemi di rigetto che, anche se oggi tenuti sotto controllo dalla somministrazioni di farmaci antirigetto come la ciclosporina, sono sempre presenti quando nell’organismo vengono introdotte cellule estranee a meno di alta compatibilità. Si creerebbe un clone con la tecnica usata per Dolly per poi non lasciar procedere lo sviluppo ma ,o smembrare l’embrione per utilizzarne le singole cellule, o congelare e costituire una riserva cellulare nel caso servisse in futuro
Produrre embrioni per poi distruggerli, anche se per un buon fine, non mi sembra che possa essere un’azione da incentivare almeno sul piano che considera l’embrione una vera e propria forma di vita umana, più discutibile è invece l’increscioso e di diffiicile soluzione è il caso di quelle migliaia e migliaia di embrioni che giacciono in freezer sparsi per il mondo, prodotti dall’avanzo-scarto delle fecondazioni in vitro. In tutte le pratiche di fecondazione artificiale infatti, vengono utilizzati diversi ovuli e portate avanti quindi diverse fecondazioni. Sono embrioni senza futuro dal punto di vista riproduttivo poiché gli scienziati non garantiscono sulla buona salute di embrioni dopo anni ed anni sotto zero, stanno nei freezer in attesa di giudizio. Sono in numero di………………
Se l’utilizzazione delle cellule embrionali dà adito a problemi di ordine etico, questo non accade con un altro tipo di cellule con grande speranza terapeutica: le cosiddette cellule staminali adulte. Sono state chiamate così perché si trovano in persone che hanno terminato il loro sviluppo e la loro funzione è quella di rinnovare continuamente le cellule perdute nei tessuti. Sembra infatti che pressocchè ogni tessuto contenga cellule che annidate in nicchie spesso difficili da scovare, siano in grado di produrre cellule del tessuto al quale appartengono. Persino i neuroni, considerati da sempre cellule non in grado di riprodursi avrebbero una loro scorta cellulare pronta ad intervenire. Quel processo che accade in maniera manifesta nella pelle, che rigenera le cellule morte superficiali con una produzione continua dal derma sottostante, quel processo rigenerativo sembra che sia presente in ogni tessuto. Le cellule ematiche sono soggette ad un incessante turn over grazie all’attività del midollo osseo, il tessuto ematopoietico che rifornisce continuamente il sangue di cellule. Grazie a queste cellule instancabili oggi il 60-70 per cento di malati di leucemia può guarire (grazie anche al trapianto di midolli compatibili). Il fegato rinnova il 50% della sua massa in alcune settimane rendendo possibile il trapianto di una porzione di una sua porzione.
Non è ancora noto il meccanismo che porta le staminali a differenziarsi in cellule dell’organo alle quali appartengono, probabilmente dei fattori di crescita (come delle citochine) le inducono a rimanere staminali, ma avvolto completamente nel mistero è invece come facciano le staminali a sapere quante cellule mature bisogna produrre e quindi quando fermare il ciclo riproduttivo. In alcuni casi è oggi possibile isolare e coltivare in vitro le riserve staminali adulte ma bisogna dire che sono poche e che dopo qualche divisione tendono a perdere la loro caratteristica di pluripotenzialità.
La perdita della totipotenza delle staminali avviene nell’embrione allo stadio di morula, una sferetta di circa sedici cellule somigliante appunto ad una mora. Il destino delle cellule della morula sono già segnati, determinati dalla posizione che occupano nella sferetta e negli istanti successivi.
Studi recenti mostrano che le staminali ematopoietiche e le mesenchimali del midollo osseo sono dotate di particolare plasticità, se ricevono i segnali chimici giusti in coltura possono differenziarsi in condroblasti o osteociti trovando dunque utilizzo in ortopedia e in odontoiatria. E a getto continuo escono articoli che denunciano le capacità delle staminali adulte di diventare altro .Importante è il fatto che questo tipo di cellule, essendo prelevate dai tessuti dello stesso paziente, non darebbero alcun problema di rigetto
Questa delle staminali adulte sembra essere la strada maestra per aggirare tutte le problematiche etiche, si tratta infatti di cellule che niente hanno a che fare con il processo riproduttivo, cellule non destinate a produrre una nuova vita, semplicemente cellule. Sembra datato quel dogma della biologia della irreversibilità del differenziamento: le staminali adulte sono capaci di tornare indietro, di riprogrammarsi a seconda dei segnali inviati dall’ambiente. Sembra che persino il cervello adulto abbia la sua riserva staminale: secondo Fred H. Gage del Salk Institute in California, il nostro cervello rigenera un neurone al giorno ogni duemila, si: tratterebbe dei neuroni destinati al riconoscimento di luoghi e volti ed anche per l’olfatto. E c’è addirittura chi pensa di poter deprogrammare la cellula adulta in modo da farla comportare come una embrionale.
Fonti di staminali sono inoltre il cordone ombelicale e la placenta, organi che di solito vengono distrutti dopo ogni parto negli ospedali. Siamo ancora lontani dall’ottenere che di routine vengano conservati anziché distrutti, in modo da avere una propria riserva di staminali da utilizzare alla bisogna, ma comunque sono già sorte in Italia almeno sette “Cord Blood Bank” di cui la maggiore è al Policlinico di Milano. Per ora la conservazione per uso autologo è vietata il Italia ma è incentivata la donazione in quanto queste staminali sono meno differenziate di quelle adulte e pertanto meno soggette a rigetto . Non si conoscono però ancora tutte lo loro potenzialità e se potranno differenziarsi in cellule che non siano solamente ematiche.
QUALI TERAPIE? QUALI SPERANZE?
Le applicazioni terapeutiche che hanno come protagoniste le cellule staminali., embrionali o adulte che siano, sono diverse e tutte di grande rilevanza. Siccome moltissime malattie sono dovute alla presenza di un gene anormale che provoca una cascata di eventi metabolici errati nelle cellule in cui il gene si esprime e, dal momento che i geni non fanno altro che produrre proteine, le malattie sono spesso dovute alla presenza di proteine alterate. Considerando allora che tutti gli enzimi sono proteine (con limitatissime eccezioni di alcuni enzimi ad Rna……) si capisce come la ricaduta sull’organismo possa essere anche molto grave. A volte il gene anormale responsabile della patologia è noto, grazie ai progressi della biologia molecolare questo tipo di ricerca sta procedendo molto rapidamente, a volte invece si conosce solo il difetto metabolico cellulare magari perché più di un gene è coinvolto o perché la malattia è multifattoriale e quindi anche fattori ambientali diversi concorrono alla sua insorgenza.
Nel caso in cui si conosce il gene responsabile della patologia, il sogno (e per il momento è davvero solo un sogno) dei terapisti genici è una sorta di operazione di microchirurgia genetica in cui il gene malato viene sostituito con un gene sano. Allo scopo di far entrare nelle cellule bersaglio il gene sano possono essere usati i virus dal momento che per loro natura, quando infettano in maniera specifica le cellule ospiti, iniettano il loro Dna ( o Rna) che spontaneamente si integra col Dna nucleare. Ma i tentativi di usare i virus come vettori cellulari sono per ora falliti.(controllare….) C’è inoltre da dire che l’inserimento del gene sano dovrebbe avvenire nel corretto locus genico (occupato dal gene malato) perché molto spesso l’attività genica è condizionata fortemente da effetti posizione, un posto non vale l’altro nei cromosomi. Questa strategia che sarebbe sicuramente la più “pulita” e priva teoricamente di controindicazioni è ancora un sogno da realizzare, dobbiamo ancora conoscere troppo sul comportamento dei geni.
Un altro approccio terapeutico consiste nell’agire direttamente sul prodotto genico, cioè sulla proteina mancante o difettosa. Se le cellule beta delle isole di Langherans non producono più insulina, come avviene nel pancreas dei malati di diabete mellito, potrebbe essere risolutivo sostituire l’intera linea cellulare con cellule sane in grado di produrre la preziosa proteina. Le cellule staminali, grazie alla loro plasticità, potrebbero essere in grado, una volta introdotte nel pancreas malato, di differenziarsi in cellule beta e cominciare a produrre insulina sostituendo progressivamente l’intero corredo cellulare patologico. Ma saprebbero anche fermare la loro corsa riproduttiva? Anche questo è comunque per il momento solo un sogno.
GIÀ REALTA’
Da quando Green……….. è riuscito per la prima volta a coltivare in vitro la pelle, in poco meno di vent’anni sono state messe a punto vere e proprie terapie di medicina rigenerativa. Le cellule staminali riescono a proliferare sviluppando strati di pelle di pochi millimetri sufficienti a ricoprire il corpo ustionato o lesionato.
In seguito al successo ottenuto con la pelle, gli scienziati di tutto il mondo hanno cominciato a tentare di ricostruire altri epiteli, dall’uretra ( gruppo di Cancedda) alla mucosa orale (De Luca) o quella delle vie respiratorie. Ma queste tecniche non sono ancora una realtà sui pazienti pur lasciando ben sperare dai risultati di laboratorio.
Grandi risultati si sono ottenuti con la riproduzione della cornea dell’occhio, un successo completamente italiano che corrisponde ai nomi di Graziella Pellegrini e Michele De Luca che nel 1997 descrivono su “Lancet” la tecnica di riproduzione di tessuto corneale a partire dalle staminali lasciando perplessi gli stessi revisori. Fino ad ora l’unica possibilità per pazienti con la cornea danneggiata era il trapianto da donatore deceduto ma non sempre questo è possibile. In alcuni casi il trapianto non funziona per le lesioni troppo gravi a carico di alcune zone della cornea,il limbus, che contengono la naturale riserva staminale necessaria alla produzione corneale. Ora basta che in uno dei due occhi si sia preservato un millimetro di limbus perché questo possa essere prelevato ed amplificato in coltura per poi essere innestare il nuovo tessuto in entrambi gli occhi.
SENSATE SPERANZE
Molti scienziati nutrono speranze fondate sul fatto che le staminali possano essere utilizzate presto in vivo per pazienti di malattie cardiovascolari . Anche nel migliore dei casi, però, non potrebbero curare definitivamente il paziente perché, da qualunque fonte esse provengano, non sembrano in grado di differenziarsi in cellule di muscolo cardiaco quanto invece di migliorarne la funzione inducendo ad esempio la formazione di nuovi vasi o evitando la morte delle cellule al confine con la zona infartuata. Le cellule staminali che meglio potrebbero prestarsi a questo tipo di terapie sono quelle ematopoietiche e mesenchimali del midollo osseo ma anche altri ceppi potrebbero essere adatte, tra queste quelle del tessuto adiposo.
Il morbo di Parkinson è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale………che provoca morte di neuroni cerebrali in aree attualmente localizzate e circoscritte. Si spera che le cellule staminali possano prendere il posto dei neuroni mancanti. Un pugno di cellule inserite nel punto giusto potrebbero risolvere il problema? Non è così semplice evidentemente, un organo complesso come il cervello non può permettere una soluzione così semplice. Ma il danno cerebrale nei malati di Parkinson è limitato, si tratta di lesioni localizzabili, meno distribuite rispetto ad altre malattie dello stesso genere come ad esempio l’Alzheimer. Altrettanto localizzabili tramite Tac sono le lesioni della Corea di Huntington e delle ischemie e pertanto anche per queste patologie sembra opportuno tentare un innesto di staminali con un trapianto neurochimico consentendo loro di produrre dopamina in vece dei neuroni danneggiati , il che sarebbe molto più efficace che assumere la stessa sostanza per bocca.
Il trapianto delle isole di Langherans da cadaveri è stato un tentativo per cercare di mettere fine alla tortura delle iniezioni quotidiane di insulina dalle quali sono dipendenti i malati di diabete mellito. Il primo di questi trapianti è del 1999 da parte di un gruppo canadese che da allora ha trattato una settantina di malati giungendo alla conclusione che purtroppo le isole si esauriscono progressivamente producendo via via sempre meno insulina. In sostituzione di questa tecnica si pensa ora all’utilizzo di staminali embrionali, dato che di adulte nel pancreas non ce ne sono. Ma per il ora il loro comportamento nel pancreas è un punto interrogativo, spettri temuti sono la possibilità di generare teratomi tumori……… e del rigetto.
All’Istituto dei tumori di Genova è stato prelevato midollo osseo da pazienti con gravissime fratture con conseguente perdita di osso allo scopo di selezionare cellule staminali in grado di attaccarsi ad una piastra di coltura e di formare colonie, cosa che sono in grado di fare solo le cellule mesenchimali , progenitrici dell’osso, e non quelle che origineranno le cellule del sangue. Queste staminali “ossee” sono state fatte espandere in coltura e poi messe su una matrice di ceramica con forma e dimensioni idonee a riparare la lesione del paziente. Si è ottenuto un impasto di osso e ceramica che ,un a volta impiantato, ha permesso di recuperare l’uso dell’arto a tre pazienti……….pg 106 . L’ambizione è però quella di ottenere una vera e propria rigenerazione dell’osso per riassorbimento della ceramica, tecnica questa per ora provata solo su pecore anche se non è lontana la sperimentazione sulle persone.
I SOGNI
Diverse sono le distrofie muscolari e quella di Duchenne è la più grave e purtroppo anche la più frequente, ed è anche ereditaria. Viene trasmessa per via materna, ne sono affetti i maschi e solo in rarissimi casi le femmine controllare che esistano femmine ( mutazione recessiva sul cromosoma X……). . Si tratta di una degenerazione progressiva dei muscoli scheletrici per la quale non si conoscono cure. Il difetto genetico sta nella mancata attività del gene della distrofina , una proteina necessaria alla contrazione muscolare. Il gene per la distrofina è, senza un apparente motivo, molto grande e da quando è stato scoperto ( nel 1986) i tentativi di terapia genica sono risultati tutti inutili. I virus- vettori sembrano non essere in grado di traghettare nei muscoli del corpo un gene così esteso dovendo peraltro superare la membrana connettivale che avvolge i muscoli stessi. La ricerca in tal senso prevede tempi lunghi e fasi precise anche se ogni tanto i media illudono del contrario.
Paladino della ricerca sulle cellule staminali embrionali è stato l’attore Cristopher Reeve, il Superman cinematografico, che subì una lesione al midollo spinale nel 1995 e si sottopose persino a un esperimento con staminali. Il povero attore è morto senza vedere il successo scientifico della sua fondazione ma oggi diversi gruppi di ricerca stanno provando a rendere reale quello che fino a pochissimo tempo fa era solo un sogno: la rigenerazione dei traumi midollari, ripristinare i collegamenti tra il cervello e la periferia. C’è da dire che una lesione midollare innesca una cascata di eventi catastrofici : viene distrutta la mielina interrompendo gli impulsi elettrici. Al danno primario (distruzione dell’osso e recisione delle fibre nervose) seguono eventi biochimici paragonabili ad un ictus che provocano danni al midollo che via via si estendono. Viene compromesso il flusso sanguigno e prodotta infiammazione che produce citochine che sono causa di altri problemi. Viene quindi distrutta sostanza grigia e bianca e la lesione di riempie di cellule del sangue ed altri “detriti” e la parte lesionata viene isolata dal resto da un cordone di astrociti (cellule della glia) che producono una cicatrice gliale. Appare quindi ora più chiare quanto possa essere problematico ripristinare il segnale nervoso in seguito ad una lesione spinale. La sperimentazione è in fase preliminare ed i risultati ottenuti, anche se fanno beneficiaria sperare, sono su un numero troppo esiguo di pazienti per consentire di trarre conclusioni di qualunque genere.
La sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una malattia neurodegenerativa dei motoneuroni che porta ad atrofia e riduzione di volume dei muscoli riducendo la loro forza di contrazione e generando quindi paralisi progressiva. La Sla è diventata famosa perché, per motivi non ancora appurati, colpisce i calciatori con una frequenza anormale. Ne sono vittime anche giocatori di baseball ( il celebre Lou Gehrig), pugili e tennisti. Famosi i casi anche del musicista Herbert von Karajan e del fisico Steven Hawking che, nonostante la paralisi pressochè totale, riesce a svolgere in maniera eccellente il suo lavoro che necessita solo di una buona qualità di cervello, organo del tutto esente dalla degenerazione.
Nonostante non si conoscano ancora le cause della patologia diverse persone si sono già sottoposte al trattamento con le staminali. I risultati sono incoraggianti ma , dato il ridotto numero di casi, di nessuna rilevanza scientifica e quindi è troppo presto per parlare di una terapia per la Sla con cellule staminali.
Numerosissimi sono i gruppi di ricerca concentrati nel tentativo di trovare una terapia per la sclerosi multipla ……………………
LA QUESTIONE ETICA
COSA È VITA?
La biologia può dare una risposta a questa domanda. Per la biologia l’organismo della nuova generazione, il figlio per intenderci, ha inizio con lo zigote, cellula derivante dal processo di fecondazione che nella donna avviene nelle tube uterine (o salpingi o tube di Falloppio). La biologia non ha dubbi nel segnare l’inizio di una nuova vita: quando i nuclei dei gameti si fondono allora la cellula diploide che ne deriva è la prima cellula del nuovo organismo, è quella cellula che grazie a moltissime mitosi e (meno) meiosi può dare origine prima all’embrione, poi al feto ed infine al bambino già esterno al corpo della mamma.
Lo sviluppo della vita è un continuum ma il suo inizio è chiaramente definibile in un evento. Qualcuno definisce lo zigote o l’embrione nelle sue primissime fasi una vita in potenza e non in atto. Credo che in questo caso si sconfini nella filosofia ma è facile capire che, con questa asserzione, ci si va a infilare in un ginepraio di soggettivismi. Quando avrebbe allora inizio la vita? Quale criterio usare per delineare il confine tra vita e non vita? Quando l’embrione diventa feto ed assume sembianze umane? Quando si è sufficientemente sviluppato il sistema nervoso che distingue l’essere animale dalle piante? Quando?
Nella questione definizionale è finito anche ci si è spostati dal concetto di vita a quello di embrione: quando si può cominciare a parlare di embrione? C’è chi sostiene che fino a quando la masserella cellulare derivante dalle prime mitosi dello zigote può in potenza ( e qualche volta in atto) dividersi in due per dare due gemelli, allora fino a quella fase non si può parlare di embrione. E perché no? La masserella cellulare fino ad un certo stadio non avrebbe la dignità di embrione? Il soggettivismo mi sembra evidente.
Alla fine tutte le dispute bioetiche fanno capo al concetto di vita. Ma qualcuno dice che una cosa è vita una cosa è vita umana. Anche una cellula in coltura è vita ma non è vita umana. Vale allora la pena specificare che lo zigote umano è la prima cellula della vita umana. Lo zigote umano non è in grado di produrre un verme, una giraffa, un pesce, ma neanche la scimmia più antropomorfa, può dar luogo solo ad un essere umano. Allora la questione si è spostata per qualcuno sulla differenza tra essere vivente e persona , il concetto di persona non è limitato alle condizioni che la biologia individua ma va molto oltre ma anche qui la questione è oltremodo filosofica, esce dall’ambito scientifico, dalla sfera oggettiva.
STAMINALI EMBRIONALI
Sono cellule che provengono da embrioni, da quello stadio dello sviluppo dell’individuo che normalmente si sviluppa nell’utero materno. Sono cellule che, lasciate al loro destino, porterebbero ad una nuova vita. Non tutte, direbbe qualcuno, solo alcuni embrioni alle primissime fasi portano avanti la crescita (forse una minoranza) ma non per questo ci sembra lecito trattarle come se fossero cellule qualunque.
E’ vero che anche le cellule somatiche che si riproducono in coltura sono da considerarsi viventi, ma la differenza sta nel fatto, per nulla trascurabile, che le cellule embrionali derivano dallo zigote, fanno parte a tutti gli effetti del progetto ontogenetico che culmina con la nascita di un bambino. Il discrimine sta tra il concetto di essere vivente ed essere vivente umano. Neanche il bambino ha le stesse caratteristiche psico-motorie dell’adulto eppure nessuno si permette di non considerare il bambino un essere umano a pieno titolo. Lo stesso dovrebbe essere per le fasi che precedono la nascita, la biologia non riconosce un confine che segni l’inizio dell’essere umano, ci sono stadi che si susseguono senza soluzione di continuità, dallo zigote al parto.
L’irritazione di alcuni scienziati, relativa all’impedimento nell’uso delle staminali embrionali, sta nel veder negato un settore del campo della ricerca, a prescindere dal successo o meno di tale settore. La ricerca non si muove con agio in campi minati, ha bisogno di agire a 360 gradi, vagliare ogni possibilità per poi selezionare la migliore. Per trovare opportune terapie abbiamo bisogno di conoscere il più dettagliatamente possibile la realtà, tutta la realtà. Concentrare le ricerche sulle cellule staminali adulte per motivi etici appare a molti scienziati una censura che farà rallentare la ricerca in modo significativo, a discapito delle migliaia di persone malate che attendono una soluzione per le loro sofferenze. Appare a queste persone non paragonabile l’eventuale sacrificio di qualche embrione se questo potrà sollevare dal dolore migliaia di adulti. Il fine è buono, questo è certo, ma il mezzo per raggiungerlo ci sembra che contraddica il fine stesso: il rispetto della vita umana.
Sembra altresì che i risultati della ricerca sulle staminali adulte siano davvero promettenti, è quindi ragionevole sperare (Vescovi…………..) che possano essere le candidate migliori alle terapie di moltissime malattie. Indubbiamente scovare le adulte che si annidano in ogni tessuto è un’impresa più ardua che utilizzare le versatilissime embrionali, produrre un embrione è al giorno d’oggi una tecnica routinaria, senza problemi, ma questa facilità potrebbe avere come altro lato della medaglia l’eccessiva versalità di queste cellule che potrebbero risultare troppo difficili da gestire (citazione……..) nella paura che diano origine a teratomi od altre forme tumorali.
Che dire poi delle migliaia di embrioni congelati in attesa di giudizio? Non c’è una soluzione per questo caso, qualunque cosa si decida di fare lascia delle perplessità. La Chiesa Cattolica ha suggerito di impiantare gli embrioni in “uteri consenzienti” ma gli scienziato non si sentono di garantire sull’incolumità di quegli embrioni dopo anni ed anni di congelamento. Metterli a disposizione della ricerca significherebbe altresì condurli a morte certa e loro sono “vita congelata”, latente ma pur sempre vita. L’imbarazzo di questa situazione deriva dai protocolli di fecondazione in vitro che non si fanno scrupolo sul numero di embrioni da produrre.
CHE FARE?
Le questione etiche anche se con il prefissi “bio” non possono essere appannaggio degli scienziati. L’uomo di scienza non deve avere una voce in capitolo privilegiata per questioni che sono di coscienza umana, la scienza può, deve, informare sulla realtà così come è, senza colorarla di soggettivismi per forza di cose faziose. Dovere invece di un buon cittadino, prima ancora che cattolico, è informarsi, acquisire le competenze necessarie a comprendere ciò che la scienza, ma anche tutti gli altri ambiti del sapere, propongono. L’acquisizione di adeguati strumenti concettuali permetterà una valutazione critica delle nuove frontiere della scienza e quindi l’affermazione di un sistema democratico di qualità.
L’informazione degli scienziati, dei divulgatori scientifici dovrebbe essere sempre corretta, imparziale, senza pregiudizi ma, dal momento che questo non sempre si realizza, il cittadino deve avere gli strumenti per indagare personalmente alla ricerca del dato oggettivo, vero e poi quindi trarre un giudizio autonomo.
Certamente il cittadino cattolico non è una tabula rasa ,dal punto di vista etico la Chiesa indica la strada maestra, sostiene dei principi indiscutibili e, tra questi, c’è quello di vita umana: questa, d’accordo on fondo con la biologia, comincia con lo zigote. E nei confronti di tutti gli stadi della vita, la Chiesa propone il massimo rispetto, la medesima dignità, gli stessi diritti. Poche cellule, se portano ad un essere umano, hanno la stessa dignità di un uomo maturo, entrambi vanno salvaguardati senza far differenze.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
1. G. Milano, C. Palmerini, La rivoluzione delle cellule staminali, Milano, 2005
2. A. Vescovi, La cura che viene da dentro, Milano, 2005
3. D. Neri, La Bioetica in laboratorio, Roma-Bari, 2001
4. E. Boncinelli, Biologia dello sviluppo, Roma, 1994
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