FRIEDRICH WOHLER
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Non credeva alla "Forza Vitale"
divenne così il fondatore
della chimica organica
Il 31 luglio del 1800 nasceva nel villaggio di Escherscheim in Germania Friedrich Wohler, figlio di un maniscalco, alle dipendenze del principe ereditario dell'Assia Cassel.
Vide la luce non in famiglia ma nella casa-canonica dello zio, parroco del paese, presso il quale il padre aveva dovuto rifugiarsi per sfugggire alle ire principe, dopo un singolare litigio. Irascibile, volgare, violento, il principe pochi giorni prima in una accesa discussione con il suo maniscalco, perse il controllo e preso dall'ira alzò le mani sull'uomo. La scena era avvenuta nelle scuderie mentre l'uomo accudiva i cavalli; con la frusta in mano per l'affronto subito perse anche lui il controllo, menò tante scudisciate addosso al principe da farlo sanguinare. Si era vendicato ma -ovviamente subito dopo- dovette abbandonare la casa e il posto e fuggire il più lontano possibile. Con la moglie quasi in procinto di partorire si rifugiò nella protettiva canonica dov'era suo fratello curato.
Se Friedrich vide quindi la luce lontano dalla sua casa, in cambio il padre gli trasfuse l'orgoglio, e lo zio curato in quell'ambiente gli insegnò le buone letture, l'amore per lo studio della natura, e in particolare dei minerali, essendo un collezionista amante e raccoglitore di questi.
Il ragazzo si dimostrò subito curioso, intelligente, studioso; appena grandicello lo zio viste le promettenti qualità del nipote, lo fece accogliere da un suo amico che possedeva una ricca biblioteca scientifica e in casa perfino un piccolo laboratorio di chimica.
Questa scelta dello zio fu determinante per il ragazzo; Friedrich già sentiva una certa passione per la chimica, e non gli parve vero di entrare dentro il quel piccolo laboratorio e poter maneggiare quegli apparecchi.
Erano in quel periodo gli anni in cui si stavano scoprendo le leggi della chimica, che Lavosier aveva ordinato in una scienza esatta.
Con l'amico dello zio e con la passione irrefrenabile che ormai aveva addosso, cominciò a familiarizzarsi con i piccoli esperimenti, che via via diventavano sempre più complessi e spesso anche pericolosi, ma dove il ragazzo non indugiava nel farli. Infatti si lanciò in esperimenti rischiosi; si bruciò una mano col fosforo e fu coinvolto nello scoppio di un pallone pieno di cloro; ma fece anche un'esperienza che in seguito lo avrebbe reso celebre. Non disdegnò perfino di compiere esperimenti su se stesso senza badare ai pericoli cui andava incontro.
Giunto alla matura età di studente, si iscrisse all'Università di Marburgo. Si sentiva portato per la facoltà di chimica, ma era nello stesso tempo affascinato dalla medicina, in particolare non alla fisiologia ma attratto da quei fenomeni chimici che hanno sede nel corpo umano. Scelse insomma medicina.
Oltre allo studio, all'Università, nella sua cameretta di studente, si era allestito un laboratorio di chimica. E qui non si mise a fare solo il dilettante, ma riuscì perfino a sintetizzare un nuovo composto.
Con molto entusiasmo lo portò al suo professore, di cui aveva grande rispetto e molta stima. Ma questi invece di interessarsi ai suoi esperimenti e incoraggiarlo lo rimproverò di perdere tempo con quelle "cose" di chimica invece di dedicarsi di più alla medicina.
Wohler ci rimase così male, che poco dopo cambiò ateneo e si trasferì all'Università di Heidelberg, dove, nel 1823, conseguì non solo la laurea, ma all'opposto del precedente professore, Gmelin che insegnava in quell'università, notando la grande passione per la chimica di questo suo intelligente allievo, lo persuase di dedicarsi a questo studio e, appena preso la laurea, gli procurò perfino l'occasione di recarsi a Stoccolma, presso il grande scienziato Joris Jacob Berzelius (1779-1848 - Il chimico svedese che aveva sviluppato la teoria atomica).
Qui nell'attrezzato laboratorio di Berzelius a Stoccolma, Wohler ebbe la possibilità di lanciarsi nella più grande avventura scientifica che visse la chimica all'inizio dell'Ottocento: la sintesi di una sostanza organica. Infatti, gli alchimisti, con le loro manipolazioni, avevano sintetizzato dei nuovi composti, ma tutti appartenevano al mondo inorganico. Così anche l'opera dei chimici della fine del Settecento e del principio dell'Ottocento era servita ad isolare molti elementi, e a costruire per sintesi moltissime sostanze: ma erano tutte sostanze inorganiche. Nessuno credeva possibile sintetizzare sostanze organiche: queste, si pensava, erano prodotte da una forza misteriosa, una "forza vitale", presente solo nel corpo degli esseri viventi, capace di operare soltanto entro di essi. Inutile sperare di poterla riprodurre fuori degli esseri viventi, nelle provette o negli alambicchi dei laboratori.
Ma questo lo pensavano gli altri, mentre l'ostinato Wohler era di parere molto diverso. Già da bambino nel piccolo laboratorio dell'accogliente amico dello zio, aveva provato a sintetizzare molte sostanze, fin da giovane studente era riuscito con successo a produrne alcune che contenevano moltissimi atomi e che erano certamente altrettanto complesse come le più semplici sostanze organiche; perché pensare dunque che queste fossero soggette a leggi più complesse di quelle della chimica già nota, anzi a leggi inconoscibili e imperscrutabili?
Wohler era sempre più convinto che gli animali potevano sintetizzare sostanze complesse con il "laboratorio" del proprio organismo, e che quindi anche in un laboratorio artificiale partendo da una sostanza inorganica si poteva formare una sostanza organica, senza l'intervento di alcuna "forza vitale". La sua convinzione e determinazione era che, anche se occorrevano molte esperienze e del tempo, non era certo impossibile arrivare al risultato.
Wohler ebbe la possibilità di conoscere un chimico tedesco, di tre anni più giovane di lui, che lavorava a Parigi ma era spesso in contatto con Berzelius, del quale apprezzava le critiche e i consigli : Justus von Liebig. Anche costui aveva, come Wohler, la passione per le sintesi. Mentre questi era ancora a Stoccolma, Liebig a Parigi riuscì a sintetizzare una sostanza di composizione assolutamente identica ad una già sintetizzata da Wohler, ma con proprietà chimiche e fisiche differenti.
Come poteva essere avvenuto che due sintesi chimiche avessero prodotto, a partire dagli stessi elementi, due composti totalmente diversi?
I due erano alle prime armi, e quindi la risposta la poteva dare solo Berzelius. Il padre della teoria atomica risolse quindi l'enigma. Scoprì che le due sostanze, erano sì composte dagli stessi atomi, ma questi non si erano disposti nella identica maniera nella molecola. I due giovani chimici avevano dunque sintetizzato due «isomeri». Fu questa una prima grande scoperta cui contribuì Wohler.
LA SINTESI DELL'UREA
Nel 1825 Wohler lasciò il laboratorio di Berzelius per recarsi ad insegnare alla Scuola Municipale di Commercio di Berlino. Aveva la possibilità di continuare i suoi studi di chimica e i suoi lavori sulle sintesi. La sua meta era ora quella di trovare la strada per sintetizzare anche una, una sola delle moltissime sostanze del mondo organico.
Ci si era accorti che certe sostanze, per esempio i grassi, sono uguali sia nel mondo animale che in quello vegetale. Dovevano esistere due modi differenti di arrivare, entro a vegetali e ad animali, allo stesso prodotto. Non era poi dunque tanto differente il modo di operare della misteriosa « forza vitale» nei due mondi organici. Wohler provò quindi a riprodurre la stessa forza anche in laboratorio.
E un giorno riuscì a ottenere, a partire dall'ammoniaca, un grammo soltanto, di cristalli lunghi e bianchi di una sostanza identica a quella, che un chimico francese, Rouelle, aveva isolato dall'urina da quasi cinquant'anni e che un altro francese aveva battezzato « urea ». Egli stesso la conosceva perché in medicina se ne era occupato nei suoi studi di fisiologia. Ma questa era la prima volta che dell'urea era stata prodotta al difuori di un organismo vivente, per mezzo di apparecchi scientifici e partendo da una sostanza del mondo inorganico come l'ammoniaca.
Era dunque una grande conquista, che suscitò subito un grande entusiasmo in tutto il mondo scientifico: era stata data infatti la dimostrazione dell'inesistenza della « forza vitale ».
Quindi gli esseri viventi, quando sintetizzano le sostanze organiche, si comportano come apparecchi di laboratorio, tutt'al più sono piu complessi. I ricercatori trassero coraggio da questa conquista della chimica. Di lì a pochi anni altre significative sintesi organiche si aggiunsero alla conquista di Wohler: Berthelot riuscì a sintetizzare l'acido formico, un allievo di Wohler l'acido acetico, Bayer trovò la composizione dell'indaco che fu presto possibile produrre industrialmente. La nuova chimica si avviava ad uscire dai laboratori e a divenire industria. Nel frattempo aveva ricevuto un impulso fortissimo anche come scienza: il vecchio maestro di Wohler ad Heidelberg, Gmelin, si era messo a scrivere un libro di chimica nel quale veniva ordinando sistematicamente tutte le scoperte dei ricercatori. Ma queste si susseguivano con tale rapidità che Gmelin non riusciva a seguirle. Si narra che esortasse i chimici a frenare il ritmo delle loro scoperte per dargli almeno il tempo di porre fine all'opera e pubblicarla!
GLI ANNI DELLA MATURITÀ
Alla sintesi dell'urea Wohler giunse quando aveva solo 28 anni. La sua abilità in laboratorio era tale che poté arrivare giovanissimo alla più importante conquista della sua vita. Ma aveva innanzi a sé molti anni di attività e non tardò a perfezionare le sue scoperte.
Nello stesso anno nel quale era giunto alla sintesi dell'urea si sposò, ma solo due anni dopo perse la moglie. Ne rimase affranto, sembrava che il dolore dovesse pesare per sempre sulla sua mente impedendole di esplicarne le doti migliori. Gli fu di grande conforto l'amicizia di Liebig, insieme al quale conduceva le sue ricerche.
Il secondo lavoro importante sulla chimica organica di Wohler fu quello sull'acido urico, studio condotto appunto insieme a Liebig. In questo lavoro i due chimici osarono profetizzare che si sarebbe arrivati a sintetizzare in laboratorio qualsiasi sostanza fosse prodotta dagli esseri viventi. Profezia che in gran parte si è avverata nel giro di poco più di un secolo.
Nel 1831 Wohler si trasferì a Cassel dove si dedicò, oltre all'insegnamento della chimica, e alle ricerche, sempre con Liebig. Nel 1836 si rese vacante la cattedra di chimica della facoltà di medicina dell'Università di Gottinga: il concorso fu vinto da Wohler che vi si trasferì e vi eresse un nuovo grande laboratorio. Alla stessa cattedra aveva concorso anche Liebig che venne escluso a causa dei maggiori meriti di Wohler: ma l'amicizia e la stima tra i due chimici non ne risentì.
A Gottinga Wohler si era risposato, lì ebbe quattro figlie, e a Gottinga si fermò fino alla morte che sopravvenne all'età di 82 anni, nel 1882.
Insegnò fino a tarda età e continuò le sue ricerche. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò (come aveva fatto Berzelius) alla ricerca di elementi nuovi. Fu il primo ad isolare l'alluminio, e più tardi ottenne anche il berillio e l'ittrio. (Ricordiamo che Berzelius aveva scoperto il selenio, il silicio, il tantalio, il torio e il vanadio).
Negli ultimi suoi anni Wohler poté assistere al trionfo della scienza cui aveva aperto la strada. Le opere di Wohler sono raccolte nelle memorie pubblicate su riviste scientifiche per i suoi lavori di ricerca. 276 portano la sua firma; altre 46 portano, oltre alla sua, anche quella di altri collaboratori (tra cui Liebig).
Alcuni volumi compendiano invece la sua attività didattica:
1831 «Fondamenti di chimica inorganica»
1840 «Fondamenti di chimica organica»
1853 « Esercizi pratici di analisi chimica» ripubblicato nel:
1861 come « Analisi minerale per mezzo di esempi».
Oltre a queste opere si dedicò anche a tradurre dallo svedese in tedesco alcune delle opere più importanti del suo maestro Berzelius.
Bibliografia
Scienza, i 21 Volumi della Fabbri Editori, 1966
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