La scoperta dell'NGF
Nell’estate del 1940, la Levi Montalcini legge un lavoro di Viktor Hamburger, eminente embriologo della Wahington University di St Louis. Hamburger era lo studioso leader nell’uso degli embrioni di pollo per lo studio dell’embriologia del sistema nervoso. Nel 1927, ancora studente, Hamburger aveva usato l’embrione di pollo per studiare lo sviluppo del midollo spinale. Le evidenze ottenute in quella ricerca e successivamente nello studio pubblicato nel 1934, indicavano che lo sviluppo del sistema nervoso fosse in qualche modo influenzato da segnali provenienti dai tessuti circostanti e in grado di indirizzare la differenziazione dei neuroni, la crescita delle fibre nervose e l’innervazione degli organi. La Levi Montalcini decideva che gli esperimenti di Hamburger costituivano la base ideale per le possibilità di indagine offerte dal suo laboratorio domestico.
L’esperimento prevedeva l’amputazione degli abbozzi di ala nell’embrione di tre giorni. Successivamente, dopo 17 giorni, la Levi Montalcini e Levi sacrificavano un embrione al giorno per fissare e studiare al microscopio il midollo spinale. L’osservazione del preparato al microscopio dimostrava l’assenza dei neuroni motori preposti all’innervazione delle ali. Hamburger aveva interpretato questa evidenza come incapacità dei neuroni di sviluppare in assenza dell’abbozzo delle ali. La Levi Montalcini e Giuseppe Levi, invece concludevano che questi stessi neuroni si erano divisi, avevano iniziato il processo di crescita e migrazione delle fibre e che poi erano morti. Così, nel laboratorio domestico i due avevano stabilito il principio della morte neuronale quale elemento normale dello sviluppo nervoso. I risultati di questo lavoro venivano pubblicati in Belgio nel 1943 sulla rivista Archives de Biologie.
Finita la guerra la Levi Montalcini e Levi riprendevano il lavoro presso l’istituto di anatomia di Torino. Nel 1946, dopo aver letto il lavoro pubblicato con Levi, Hamburger scriveva alla Montalcini invitandola negli Stati Uniti. Lo stesso anno la Montalcini partiva e raggiungeva la Washington University a St Louis. Dal punto di vista concettuale, per la scoperta dell’NGF, fu cruciale che l’incontro dei due studiosi metteva assieme ed integrava competenze diverse, che erano proprie e che mancavo rispettivamente ad ognuno dei due. Hamburger veniva dall’embriologia analitica e sperimentale, dalla ricerca biologica di base, ed aveva soltanto una nebulosa idea del sistema nervoso. La Levi Montalcini era al contrario di formazione medica ed aveva poca dimestichezza con le nozioni e i metodi della ricerca embriologica.
Nell’autunno del 1947, la Levi Montalcini dimostrava conclusivamente il fenomeno, già osservato con Giuseppe Levi, della morte cellulare nei neuroni programmati per afferire ad un territorio embriologico in corso di sviluppo ma asportato sperimentalmente. Ciò indicava fortemente che la regione amputata regolava in qualche modo ancora sconosciuto la proliferazione e lo sviluppo cellulare del tessuto nervoso destinato ad innervarla.
In quello stesso periodo, Elmer Bueker, un dottorando di Hamburger, iniziava esperimenti di innesto del sarcoma 180 (S 180), un tumore maligno del topo, in embrioni di pollo. Nel 1948, queste indagini portavano alla scoperta che l’S 180 veniva raggiunto da un’intensa proliferazione di fibre nervose emergenti dai gangli vicini. Cosa ancora più interessante era che questi stessi gangli apparivano più grandi rispetto a quelli controlaterali dell’arto non innestato con S 180. Bueker riteneva che questo effetto non fosse diverso da quello prodotto dal trapianto di un arto supplementare negli embrioni allo stesso stadio di sviluppo e dovuto in entrambi i casi alla possibilità delle fibre nervose di espandersi in un territorio più esteso.
Nel 1950 Hamburger descrisse le indagini del suo allievo alla Levi Montalcini, che decise immediatamente di riprodurle su scala più vasta e con tecniche istologiche più sofisticate. Le ricerche della Levi Montalcini confermavano le evidenze ottenute da Bueker e mettevano in evidenza ulteriori aspetti del fenomeno che peraltro non si accordavano all’ipotesi esplicativa formulata dall’allievo di Hamburger. La Levi Montalcini rilevava che l’aumento del volume dei gangli nervosi situati in prossimità dell’innesto di S 180 era sei volte maggiore di quello tipico legato al trapianto di un arto soprannumerario e perciò non assimilabile a quest’ultimo. La Levi Montalcini inoltre osservava che la distribuzione e la diffusione delle fibre nervose nel sarcoma innestato era casuale, e non portava alla effettiva connessione con le cellule tumorali, come al contrario avviene tra fibre nervose e tessuti in sviluppo embrionale. Ancora la ricercatrice italiana accertava che l’aumento del volume dei gangli non era limitato soltanto a quelli situati in prossimità del sarcoma 180 ma interessava i gangli dell’intera catena simpatica, dai quali partivano estensioni di fibre in eccesso che invadevano in modo caotico i territori circostanti. Ed infine l’ispezione degli embrioni innestati con S 180 rivelava un’altra importante infrazione delle normali traiettorie embriologiche. Le fibre del sistema nervoso simpatico penetravano nella cavità delle vene ostruendo la circolazione. Fu soprattutto quest’ultima evidenza a suggerire alla Levi Montalcini l’idea che l’effetto del sarcoma 180 fosse dovuto al fatto che le cellule tumorali rilasciassero una qualche sostanza diffusibile in grado di stimolare la differenziazione e la crescita delle cellule nervose recettive alla sua azione.
Per valutare quest’ultima ipotesi, la Levi Montalcini trapiantava frammenti di S 180 sulla membrana corio-allantoidea di embrioni tra il quarto e il sesto giorno d’incubazione, posizionadoli in modo tale da eludere qualunque contatto diretto tra i tessuti tumorali e quelli dell’embrione. I risultati coincidevano con quelli ottenuti precedentemente con gli innesti intraembrionari ed in sostanza corroboravano l’ipotesi che le cellule tumorali rilasciassero una sostanza stimolante la crescita nervosa.
Era una spiegazione che infrangeva i principi fondanti dell’embriologia del tempo, secondo i quali la differenziazione delle cellule era guidata esclusivamente dal programma genetico. Allo stesso tempo, inoltre, l’ipotesi della Levi Montalcini prefigurava per la prima volta l’esistenza di fattori secreti da cellule in grado di stimolare ed indirizzare la crescita delle cellule nervose. La freddezza e la perplessità con cui fu accolta la comunicazione fatta dalla Levi Montalcini su queste scoperte nel dicembre 1951 alla New York Academy of Science è imputabile al carattere rivoluzionario delle evidenze accertate.
La Levi Montalcini si orientava così verso un protocollo sperimentale più rapido e riproducibile, passando dalle ricerche sull’embrione a quello in vitro. La Montalcini partiva così per Rio de Janeiro, dove all’istituto di Biofisica sotto la guida di Hertha Meyer e Carlo Chagas, iniziava ad utilizzare la coltura in vitro. L’uso dell’incubazione dei tessuti in vitro confermava i risultati delle ricerche condotte sull’embrione. I tessuti coltivati in mezzo semi-solido ed in prossimità di frammenti di sarcoma 180, ma non di altri espianti neoplastici o normali, andavano incontro ad un’intensa proliferazione di fibre che si estendevano in una densa raggera. Il problema era quello isolare ed identificare questo fattore di crescita.
Quando nell’inverno 1953 la Levi Montalcini tornava a St Louis Hamburger le affiancava Stanley Cohen, un giovane biochimico, la figura essenziale per risolvere l’ultimo tassello del problema, che era ormai una questione biochimica. Nel 1954 Cohen riusciva ad isolare ed identificare una frazione nucleo-proteica tumorale in grado di stimolare la crescita nervosa, che veniva chiamata Nerve Growth Factor, NGF. Si doveva ora accertare quale delle due frazioni era l’elemento neurotrofico attivo. A questo proposito Cohen chiedeva un parere ad Arthr Kornberg, un biochimico esperto di enzimi. Kornberg suggeriva a Cohen di usare veleno di serpenti, in quanto in grado di degradare gli acidi nucleici. Quando la Levi Montalcini provò il veleno di serpente su una frazione di tessuto nervososi determinò un risultato inatteso. La sostanza produceva una stupefacente crescita nervosa, equiparabile a quella del sarcoma 180. Ma dato che il fattore neurotonico era considerevolmente maggiore nel veleno rispetto al tumore, in proporzione circa di 1 a 1000, divenne possibile identificare l’NGF in una molecola proteica della quale si determinarono sia il peso molecolare che le proprietà fisico-chimiche.
Nel 1958 veniva scoperta un’altra ricca sorgenti di NGF nelle ghiandole sottomandibolari del topo. Cohen estraeva la molecola attiva dell’NGF e la Levi Montalcini riproduceva tutti gli esperimenti sino ad allora condotti ottenendo di nuovo gli stessi risultati
La questione aperta era quella del chiarimento dell’eventuale ruolo di questa molecola nel normale sviluppo embriologico del sistema nervoso. Nel 1959, un esperimento condotto con un antisiero specifico contro l’NGF iniettato in cavie ai primi giorni di vita provava che l’inattivazione dell’NGF endogeno determinava una marcata atrofia dei gangli simpatici. Era la dimostrazione che l’NGF costituisce un fattore fondamentale nel normale sviluppo del sistema nervoso.
Dal 1960 in poi venivano determinati i meccanismi d’azione dell’NGF, le relazioni con i recettori, i vari ruoli funzionali, l’identità chimica, la dimensione genetica, l’interazione col sistema nervoso centrale, con quello immunitario e col sistema endocrino, l’influenza sul comportamento.
La ricerca sull’NGF ha aperto inoltre il filone di studio dei fattori di crescita ed è così diventata un programma di indagine a carattere paradigmatico che ha mutato il volto ed indicato nuove frontiere della ricerca nelle neuroscienze.
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