La genetica e le sue scoperte dominano oggi una parte della nostra vita e sono spesso presenti nei mass media, che divulgano notizie su ogni gene recentemente scoperto, da quelli presunti responsabili dell'obesità a quelli che regolerebbero l'orientamento sessuale. Ugualmente diffuse sono le notizie circa nuove procedure diagnostiche che presumibilmente rivelano quali individui hanno più probabilità di sviluppare il cancro o altre gravi malattie nel corso della loro vita.
Eppure ancora pochi decenni fa i contadini russi circondavano di specchi la stalla di una pregiata cavalla gravida affinché, guardandosi, potesse generare un puledro bello e pregiato come essa stessa. E alle mamme italiane si suggeriva di guardare foto di bimbi e bimbe belle affinché il nascituro fosse bello come loro. Eppure sin dai tempi iniziali dell'agricoltura e della pastorizia l'umanità era stata capace di selezionare, in modo intuitivo ma attraverso incroci, piante e animali più pregiati, più fruttiferi, più adatti alla crescenti esigenze di cibo e di spostamenti di popolazioni in larga espansione.
In effetti, si dovette attendere la seconda metà dell'Ottocento perché il mistero della trasmissione ereditaria dei caratteri genetici venisse svelato dal lavoro eccezionale del monaco austriaco Gregor Johann Mendel (1822-1884) che mediante esperimenti di fecondazione artificiale sulle piante (cioè di trasporto del polline di una pianta sul pistillo di un'altra), durati quasi dieci anni e condotti su circa 30 000 piante di pisello (Pisum sativum) nel giardino del monastero di Brno, stabilì le leggi di base dell'ereditarietà. L'importanza di Mendel sta anche nel fatto che egli tra i primi portò nelle scienze della natura il concetto che fosse loro compito scoprire le leggi naturali. Esse dovevano basarsi su criteri sperimentali prestabiliti e dimostrabili in base a criteri matematici rigorosi; e le conclusioni dovevano permettere di prevedere i fenomeni che si sarebbero verificati durante la ricerca. Ma queste scoperte non divennero patrimonio comune dell'umanità e della scienza che molti anni più tardi.
Mendel veniva da una famiglia di agricoltori e la Moravia era allora una regione guida nell'allevamento razionale delle pecore, grazie a lavori sperimentali sulla selezione ovina tesa a incrementare la produzione di lana ed era famosa anche per la coltivazione degli alberi da frutta. Egli si era laureato nel 1843 all'Istituto Filosofico dell'Università di Olomouc, dove il professor Nestler teneva lezioni sui principi dell'allevamento scientifico. In quello stesso anno Mendel entrò nel convento di San Tommaso retto dagli agostiniani e situato a Brünn — allora in Austria, l'attuale Brno capoluogo della Moravia, oggi Repubblica Ceca. L'intera abbazia era un centro di cultura e l'abate del convento, Cyril Frantisek Napp, era il presidente della Società Pomologica.
Nel 1851 l'abate aveva inviato Mendel a Vienna dove frequentò l'Istituto di Fisica dedicandosi inoltre a matematica, chimica, botanica, zoologia, entomologia e paleontologia. Mendel iniziò così lo studio conducendo esperimenti incrociati e analizzando l'espressione dei vari caratteri al fine di definire una legge che regolasse il loro manifestarsi nelle generazioni successive. Mendel limitò la sua ricerca a caratteristiche ben definite, considerate unità discrete, cioè ben distinguibili e facilmente individuabili. Dal 1856 al 1863 Mendel condusse esperimenti incrociati. Egli studiò separatamente non meno di 7 diversi caratteri per i quali i piselli differivano e, per ogni carattere, osservò tipi contrastanti. Per esempio, i semi erano lisci o rugosi, i cotiledoni erano gialli o verdi, le piante erano alte o basse e così via. Per trovare in che modo questi caratteri contrastanti fossero influenzati dall'ereditarietà, Mendel adottò come generazione parentale quelle varietà che differivano per i caratteri in esame.
Egli elaborò le leggi dell'ereditarietà nel saggio Esperimenti sugli ibridi delle piante apparso nel 1866 nelle Transazioni della Società di Storia Naturale di Brünn. Mendel assunse che i caratteri ereditati dai genitori vengono trasmessi come unità distinte ed indipendenti, le quali si riassortiscono di generazione in generazione secondo regole ben precise. Egli riteneva che i gameti maschili e femminili contenessero i caratteri che gli individui della generazione successiva (gli ibridi ottenuti dall'incrocio) avrebbero ereditato; alcuni di tali caratteri risultavano molto evidenti, e Mendel li definì dominanti; altri erano presenti ma non visibili, e Mendel li chiamò recessivi.
Era suo destino restare incompreso perché troppo antesignano. I suoi saggi non ebbero eco nel mondo scientifico contemporaneo. La scienza di allora infatti considerava l'ereditarietà solo come un particolare momento dello sviluppo. Egli poi abbandonò in gran parte le sue ricerche essendo succeduto a Napp alla guida dell'abbazia, che lo assorbì probabilmente quasi del tutto. Solo anni più tardi le sue leggi vennero riscoperte da tre botanici europei, De Vries in Olanda, Correns in Germania e Von Tschermak in Austria.
Nel 1909 William Bateson inserì una traduzione del lavoro originale di Mendel nel libro Mendel's Principles of Heredity (Cambridge, 1909). Per ironia della sorte, il destino dello straordinario lavoro rigoroso e immaginativo di Mendel doveva subire l'onta del dubbio della falsificazione. R. A. Fisher nel 1936 affermò infatti che i risultati di Mendel erano "troppo buoni per essere veri". Un'affermazione gratuita, basata su un'analisi statistica che non tenne conto del fatto che ciascuno dei 7 caratteri analizzati da Mendel è controllato da un solo gene.
Ecco le leggi fondamentali, generalmente valide per tutti gli organismi animali e vegetali a struttura cellulare:
La prima legge di Mendel o Principio della dominanza (o della omogeneità del fenotipo): dice che incrociando due piante che differiscono per un solo carattere, gli ibridi risultanti nella prima generazione (F1) saranno uniformi rispetto al carattere in questione, avranno cioè tutti lo stesso carattere, che è dominante. Inoltre, nella F1 uno dei caratteri antagonisti scompare completamente, senza lasciare traccia. Quest'ultimo è recessivo.
La seconda legge di Mendel o Principio della disgiunzione elabora il concetto della segregazione. Dichiara che gli individui della seconda generazione F2 (ottenuti incrociando individui F1) non sono uniformi, ma che i caratteri parentali segregano. Secondo un incrocio dominante-recessivo o un incrocio intermedio i rapporti risultanti sono 3:1 o 1:2:1. In quest'ultimo caso, cioè, 1/4 dei discendenti presenta il carattere di un progenitore; 1/4 quello dell'altro, e la restante metà è costituita da ibridi. Secondo questo principio le caratteristiche ereditarie sono determinate dai fattori discreti (ora denominati geni) che si presentano accoppiati, ognuno dei quali è ereditato da ogni genitore. Questo concetto delle caratteristiche indipendenti spiega come un carattere può persistere di generazione in generazione senza mescolarsi con altri caratteri. Spiega, anche, come un carattere (recessivo) può apparentemente sparire in una generazione (F1) e riapparire nella generazione successiva F2. Quando i due geni di una coppia sono uguali l'organismo viene detto omozigote per quel particolare carattere; nel caso siano diversi l'organismo viene detto eterozigote per quel particolare carattere. Ogni cromosoma è costituito da due gameti, ed ogni gamete possiede solo uno dei due possibili alleli per ogni carattere. Quando due gameti si combinano, gli alleli sono presenti nello zigote nuovamente in coppie. Un allele può essere dominante rispetto a un altro allele; in tal caso l'organismo mostrerà nel suo aspetto esterno (fenotipo) il carattere proprio dell'allele dominante, anche se nel suo corredo genetico, o genotipo, ciascuno dei due alleli continua a esistere indipendente e distinto, sebbene non sia visibile. L'allele recessivo si separerà poi dal compagno dominante durante la formazione dei gameti, nel processo meiotico (divisione cellulare che avviene nelle cellule germinali e porta a un dimezzamento del numero dei cromosomi per cellula figlia. Dall'unione di due cellule germinali nel processo di fecondazione si ottiene un'unica cellula, lo zigote, dal quale si sviluppa il nuovo organismo attraverso i successivi processi di divisione cellulare detti mitosi).
La terza legge di Mendel o Principio dell'assortimento indipendente, dice che ogni carattere è ereditato indipendentemente dagli altri e descrive così la possibilità che si possano presentare nuove combinazioni di geni. Cioè, se si incrociano due individui differenti per più caratteri, si può osservare che ciascun carattere compare nei figli indipendentemente dagli altri e variamente associato. Negli esperimenti di Mendel queste furono le combinazioni analizzate: i caratteri giallo e liscio dominanti e quelli verde e rugoso recessivi. Perciò mentre nella prima generazione (F1) si hanno tutti individui con i caratteri dominanti, nella seconda generazione (F2) compaiono individui con caratteri variamente associati: i genotipi della generazione F2 sono in rapporto 9:3:3:1 (cioè, 9/16 di piselli gialli e lisci; 3/16 di piselli gialli e rugosi; 3/16 di piselli verdi e lisci; 1/16 di piselli verdi e rugosi). Questa legge è valida per geni di cromosomi differenti mentre è solo in parte confermata per geni di uno stesso cromosoma.
Ecco ora in sintesi alcune delle altre principali tappe della biologia moderna prima e dopo Mendel.
Nel 1838 Matthias Jakob Schleiden e Theodor Schwann scoprono che la cellula è l'unità fondamentale della vita. Nel 1859 Charles Darwin pubblica L'origine delle specie. Nel 1910 T.H. Morgan dimostra che i geni sono organizzati lungo i cromosomi. Nel 1942 i ricercatori Avery, McCloud e McCarty scoprono la composizione chimica del materiale genetico, cioè che i geni sono fatti di DNA, un prodotto chimico trovato nel nucleo delle cellule. Nel 1953, James Watson e Francis Crick elaborano la struttura a doppia elica del DNA. Nel 1958-60 François Jacob e Jacques Monod dimostrano l'esistenza di sequenze regolatrici che modulano l'espressione dei geni ed ipotizzano l'esistenza di un RNA messaggero, una copia parziale del DNA che porta informazioni genetiche alle altre parti della cellula, permettendo la traduzione dal linguaggio degli acidi nucleici a quello delle proteine. Nel 1966 Marshall Nirenberg e Har Gobind Khorana decifrano il linguaggio del codice genetico: la lettura del DNA avviene a gruppi di tre basi (triplette). Nel 1972-73 Paul Berg, Stanley Cohen ed Herbert Boyer inventano l'ingegneria genetica costruendo la prima molecola di DNA ricombinante e passando un gene da un batterio a un'altro. Nel 1990 parte il progetto genoma umano. All'inizio del nuovo millennio l'annuncio sensazionale: il sequenziamento del genoma umano, cioè l'allineamento nelle 23 paia di cromosomi dei circa 3,1 miliardi di basi che definiscono l'organismo dell'uomo, preceduto dalla decodificazione delle 120 milioni di basi del genoma che codifica per i 13 600 geni della piccola mosca della frutta, Drosophila melanogaster e di quella del genoma del piccolo verme Caenorhabditis elegans, costituito da 97 milioni di basi che contengono l'informazione per 19 000 geni.
Anche queste recenti grandi conquiste partono dunque dalle scoperte di Mendel.
Si consiglia la consultazione dei seguenti siti:
http://www.mendelweb.org/
http://www.ips.it/scuola/concorso/genetica/page2.html
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