giovedì 3 aprile 2008
1950- Martha Chase e Alfred Hershey: l’esperimento col frullatore,
Mentre Lederberg stava lavorando sulla genetica batterica, un gruppo di ricercatori tra cui Hershey stavano studiando la genetica dei batteriofagi. I batteriofagi, o semplicemente fagi, sono virus che attaccano specificatamente i batteri. Sapevano già che il fago ha una parete proteica esterna e un core interno di DNA. I fagi hanno bisogno dei batteri per riprodursi. Si sapeva, dalla microscopia elettronica, che durante l’infezione un fago attacca un batterio con la coda e si pensava che dopo l’attacco i geni fossero pompati nell’ospite batterico in modo poi da dirigere gli enzimi batterici verso la replicazione di nuove particelle fagiche. Si prepararano a scoprire cosa causava la “trasformazione” del batterio in una fabbrica di fagi. Poteva essere, come suggerivano i lavori di Avery, che il DNA del fago fosse il principio trasformante? Nel 1952 Hershey insieme a Martha Chase testarono questa idea. Dalle prime analisi chimiche sapevano che il DNA contiene un’alta percentuale di fosforo ma non contenevano zolfo, viceversa le proteine contengono atomi di zolfo e non di fosforo. Sapendo questo , usarono fosforo radioattivo (32P) e zolfo radioattivo (35S) per marcare selettivamente il DNA del fago e le proteine. Misero quindi a punto un esperimento per testare quale dei due composti entra nel batterio durante l’infezione.In due esperimenti paralleli , unirono il fago radioattivo, marcato in una provetta con zolfo e in un’altra con fosforo, con il batterio non marcato. Attesero un tempo sufficientemente lungo per l’attacco del fago, e poi interruppero l’attacco mettendo la coltura in un frullatore. Passarono quindi i campioni in una centrifuga per separare il fago dal batterio. Dal momento che i batteri sono più grandi e pesanti dei fagi, si depositano sul fondo della provetta da centrifuga in un deposito detto“pellet”, mentre il fago rimane in sospensione nel supernatante. Nella provetta con zolfo marcato, questo galleggiava nel supernatante fagico e non c’era traccia di zolfo nel pellet. I fagi che si erano formati in seguito all’infezione, e che stavano dentro i batteri, non contenevano zolfo. Quindi le pareti del fago, fatte di proteine, non erano usate dall’interno del batterio per produrre nuovi fagi. Quando osservarono il campione con fosforo marcato trovarono che questo precipitava sempre insieme al pellet con i batteri. I nuovi fagi formati contenevano fosforo marcato. Conclusero quindi che l’interno batterico usava DNA per produrre nuove particelle fagiche. La parete fagica è solo il contenitore che trasporta DNA fagico nel batterio,dedussero quindi che il DNA da solo trasporta tutte le istruzioni necessarie per replicare fagi nei batteri. Il DNA è quindi il materiale genetico
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