venerdì 27 novembre 2009

Esrcizi reazioni

Per esercitarti:
Bilanciamenti e tipi di reazione: http://www.chemtutor.com/react.htm#poly
http://www.files.chem.vt.edu/RVGS/ACT/notes/Types_of_Equations.html
http://www.usoe.k12.ut.us/CURR/science/sciber00/8th/matter/sciber/chemtype.htm
Molto molto utile: http://misterguch.brinkster.net/equationworksheets.html

Bilanciamento: http://chemistry.about.com/library/formulabalance.pdf

giovedì 19 novembre 2009

Il Modello Standard

http://www.infn.it/multimedia/particle/paitaliano/strong.html

sabato 14 novembre 2009

ACQUA COSTOSA

La scoperta Dalla luna l’acqua più cara della storia

«Aver trovato acqua sulla Luna ha la stessa rilevanza scientifica del primo passo che l'uomo percorse sul suolo lunare 40 anni fa», pare abbiano detto quelli della Nasa. E credo abbiano ragione: pressoché nulla fu la rilevanza scientifica di quel passo e altrettanto vale per l'acqua. Ne avrebbero trovati 100 litri, al modico costo di decine di milioni di dollari. E non ci sono andati col bisturi: hanno dovuto far esplodere un razzo ed aprire un cratere. Un putiferio che non può non lasciare un sottile sentimento di sconforto su chiunque riponga qualche fiducia sulle prospettive della ricerca spaziale.
Criticare standosene seduti a una scrivania può essere facile; però, benedetto Iddio, è anche vero che il principale responsabile della missione - tale Colaprete - ha così magnificato i risultati ottenuti: «quell'acqua può essere bevuta», ha dichiarato. E, come se non bastasse, ha anche tenuto a precisare: «purché la si possa purificare». Chi dovrebbe berla e perché è una domanda che, a tutta evidenza, non lo ha neanche sfiorato. In ogni caso, ha concluso: «più ricerca è necessaria per determinarne il sapore». Insomma, a sentir Colaprete, è necessario tornare sulla Luna, se vogliamo assaggiare quell'acqua. Contare il denaro seminato sarà un po' volgare, ma se gli Usa vogliono tornare sulla Luna entro 10 anni dovranno dare alla Nasa 3 miliardi di dollari l'anno solo per questo progetto: mai bicchiere d'acqua sarà stato più costoso. Obama, dopo aver dichiarato di voler cancellare le missioni d'astronauti, ha però aggiunto che sulla Luna ci vuole tornare. Mah...
Un rapporto dello scorso mese - della commissione cosiddetta Augustine, dal nome del suo presidente - ha bocciato l'opportunità di continuare missioni spaziali con astronauti. Scrivono le cose col solito stile, un po' criptico, dei rapporti prodotti dalle commissioni di «esperti», ma il succo quello è: quelle missioni sono costose e inutili. Inutili sono i lanci di astronauti: ricordiamocelo, ruotano attorno alla Terra a una distanza inferiore a quella che separa Napoli da Milano. Inutile è la Stazione spaziale: ricordiamocelo, non ha prodotto alcun risultato scientifico e la principale missione di chi ci va è sopravvivere. E inutile sarebbe il ritorno dell'uomo sulla Luna. Quanto a un eventuale viaggio di andata su Marte, esso non sarebbe impossibile: ma lo sarebbe il ritorno, necessariamente non prima di 2 anni. Convinciamocene: la vera sfida spaziale - scriviamo da anni - è esplorare luoghi ove l'uomo mai potrà mettere piede. E la commissione Augustine, ancorché criptica, concorda.

III Classico A - Risposte Al Compito di Astronomia

La teoria del big bang, termine coniato ironicamente da Fred Hoyle, fu elaborata per la prima volta da Le Maitre negli anni Venti del XX secolo. Egli sosteneva che l'Universo fosse in espansione, e che di conseguenza un tempo esso doveva essere stato infinitamente piccolo. Chiamò questo stato della materia precedente il big bang atomo primordiale, pensandolo come densissimo e caldissimo. La teoria di Le Maitre fu ripresa da Alan Guth nell'elaborazione del modello dell'inflazione cosmica, secondo cui nell'atomo primordiale non erano valide le leggi della fisica conosciuta e le 4 forze della natura (gravità, elettromagnetismo, nucleare forte e debole) erano unite. A un certo punto la gravità si separò dalle altre tre e ciò provocò un'espansione più veloce della luce che ebbe come conseguenza un progressivo raffreddamento della materia e la produzione di altra energia che alimentasse l'espansione. Circa 3 minuti dopo l'esplosione iniziale, la temperatura era tale da consentire la nucleosintesi dell'idrogeno, e dunque la formazione dei primi atomi.

Cern LHC - La Particella Di Dio

Prima Parte



Seconda Parte



Terza Parte



Quarta Parte



Quinta Parte



Sesta Parte

venerdì 13 novembre 2009

III Classico A - STORIA DELL'UNIVERSO

Prima Parte



Seconda Parte



Terza Parte



Quarta Parte



Quinta Parte



Sesta Parte



Settima Parte



Ottava Parte



Nona Parte



Decima Parte

ACQUA SULLLA LUNA!

Spazio: trovata l'acqua sulla Luna
Nasa: "Individuata quantità ingente"
C'è acqua sulla Luna. Lo ha annunciato la Nasa, dopo aver lanciato un missile-proiettile Centaur contro un cratere lunare. "Sulla superficie è stata individuata una significativa quantità di ghiaccio", hanno spiegato gli scienziati dell'Agenzia spaziale Usa. La scoperta è stata annunciata dopo l'analisi spettrografica della nuvola di detriti provocata dall'impatto del missile lanciato dalla sonda Lcross.


In un comunicato, la Nasa ha dunque rivelato che i dati preliminari della missione avviata lo scorso mese mostrano la presenza "di acqua nascosta in un cratere lunare". Una scoperta che, secondo l'agenzia spaziale americana "apre un nuovo capitolo nella storia della nostra conoscenza della Luna".

L'esperimento è stato condotto un mese fa quando un razzo è atterrato nel cratere Cabeus, nei pressi del polo sud della Luna, seguito da una navicella equipaggiata con delle telecamere per registrare ogni attimo dell'impatto.

giovedì 12 novembre 2009

Luminosità e Magnitudine

Nell'antichità la luminosità delle stelle non potendo essere misurata con precisione veniva semplicemente classificata in sei classi di grandezza, secondo un sistema ideato da Ipparco per il suo catalogo stellare.
Le stelle più luminose erano classificate come stelle di prima grandezza, seguivano quelle di seconda grandezza ecc.ecc. fino alla sesta grandezza che è quella delle stelle appena percepibili a occhio nudo.Nell'Ottocento al sistema di classificazione degli antichi si è sostituito un sistema di misurazione fotometrico della luminosità apparente. Per mantenere un minimo di compatibilità con l'antico concetto di grandezza, si è definita anche una magnitudine apparente delle stelle m con la seguente formula logaritmica (i logaritmi qui sono sempre decimali) basata sul fatto che una differenza di 5 grandezze tra due stelle equivale a un rapporto di luminosità di 100 (102).

m = m0 - 2.5 log (I/I0)

dove m0 e I0 sono la magnitudine e la luminosità di una stella di riferimento; per convenzione si è scelta come magnitudine 0 quella di VegaLa luminosità apparente di una stella dipende da due fattori, la luminosità assoluta della stella e la distanza da cui viene osservata.
Occorre quindi definire anche una magnitudine assoluta M delle stelle; per convenzione questa è definita come la magnitudine alla quale la stella apparirebbe se osservata alla distanza di 10 parsec; ovviamente questo richiede che si conosca con sufficiente precisione la distanza della stella.
Il rapporto tra M e m è dato dalla formula:

M = m + 5 - 5*Log d

dove d è la distanza in parsec. Viceversa per passare dalla magnitudine assoluta a quella relativa, basta invertire la formula:

m = M - 5 + 5*Log d



O ANCHE PIù SEMPLICEMENTE

La magnitudine apparente (m) di una stella, pianeta o di un altro oggetto celeste è una misura della sua luminosità apparente, ovvero quella rilevabile dal punto d'osservazione. È importante notare che un oggetto estremamente luminoso può apparire molto debole, se si trova ad una grande distanza. Per superare questo problema dato dalle diverse distanze a cui si trovano gli oggetti celesti, si può introdurre il concetto di magnitudine assoluta. La magnitudine assoluta (M, detta anche luminosità assoluta) è la magnitudine apparente (m) che un oggetto avrebbe se si trovasse ad una distanza di 10 parsec (32,616 anni luce), o 3×1014 chilometri. Più semplicemente, è una misura della luminosità intrinseca di un oggetto, senza tener conto delle condizioni in cui si trova l'osservatore.

mercoledì 11 novembre 2009

FORMULE CHIMICHE

DA SAPERE

1.Composti Binari

Ossigeno Non Ossigeno
=Ossidi(Ossigeno+Metallo) =Ionici(Metallo+Non-metallo)
->”Ossido di…” -> +”-uro”



-Valenza Ferro e Rame -Primi tre elementi del 6°gruppo
-Primi tre elementi del 1°,2°,3° gruppo -Zolfo(valenza 2)


2.Idracidi
(Tabella 3.8 pagina 99)
HCN=Acido cianidrico


3.Idrossidi
Metallo+OH(valenza 1)

Radicale idrossile


4.Ossiacidi
H+Non-metallo+Ossigeno
(Tabella 3.10 pagina 101
Tranne:Acido borico,acido cromico,acido bicromico)

5.Sali
(Ioni->Tabella 3.12 pagina 102.
Tranne:Permanganato,cromato,dicromato)

sabato 7 novembre 2009

ALICE E L'LHC

ALICE


ALICE, acronimo di A Large Ion Collider Experiment at CERN LHC è un progetto portato avanti da una collaborazione di un migliaio di ricercatori appartenenti a 86 istituti di 29 paesi che ha come fine la costruzione di un rivelatore di ioni pesanti che consenta di esaminare gli effetti delle interazioni fra nuclei pesanti alle energie ottenibili con il Large Hadron Collider (LHC) che diventerà operativo nel 2008 presso il CERN di Ginevra.
Lo scopo scientifico è quello di studiare la fisica della materia sottoposta alle interazioni forti che si riscontrano alle densità di energia estreme alle quali ci si aspetta la formazione di una nuova fase di materia chiamata plasma quark-gluone.
L'evidenza sperimentale di quasta fase e le sue proprietà costituiscono questioni centrali per la cromodinamica quantistica (QCD) ai fini della comprensione del confinamento e della restaurazione della simmetria chirale. Per questo motivo il progetto ALICE si propone di portare avanti uno studio ad ampio raggio degli adroni, degli elettroni, dei muoni e dei fotoni prodotti nella collisione dei nuclei pesanti. ALICE studierà anche collisioni protone-protone per confrontarli con le collisioni piombo-piombo nelle condizioni fisiche alle quali questo progetto è competitivo con altri esperimenti che saranno condotti con LHC.
Collegamenti esterni [modifica]


Che esito ha avuto l’esperimento?


Un anno fa a Ginevra veniva inaugurato il Large Hadron Collider, il più potente acceleratore di particelle del mondo. Ma invece di andare con lui a caccia dei segreti dell'universo, i fisici nucleari del CERN hanno passato il loro tempo a ripararlo.
Sonnecchia sottoterra, a cavallo tra Svizzera e Francia, la più grande macchina mai costruita dall'uomo, quella che dovrebbe imitare il big bang per permettere agli scienziati di studiare i primi vagiti dell'universo.
Al momento della sua inaugurazione, nel settembre del 2008, si attendeva impazienti che l'LHC contribuisse a spiegare l'origine di ogni cosa. Le speranze, però si sono allontanate allo stesso modo delle particelle: velocemente. Poco più di una settimana dopo l'accelerazione del primo fascio di adroni, l'LHC si è fermato, piantando in asso migliaia di scienziati che contavano sul suo contributo.
«È ovvio che ci sia molta delusione», afferma la fisica del CERN Edda Gschwendtner. «Tutti erano ansiosi di raccogliere nuovi dati».
L'acceleratore dovrebbe essere riacceso nel corso dei prossimi due mesi, non senza qualche precauzione. Per il momento non verranno superati i 3,5 teraelettronvolt (TeV), la metà della potenza massima dell'LHC.
«Non diventerà una cattedrale nel deserto», assicura a swissinfo.ch il portavoce del Cern, James Gillies.
Non farsi cadere le braccia
«Si guarda avanti, a novembre», afferma Gillies. Lo scorso anno ci si attendeva moltissimo dall'acceleratore. «Era qualcosa di enorme che tutti stavano aspettando».
Ora c'è stato un ridimensionamento delle attese, ma Edda Gschwendtner ricorda che in fondo l'LHC è due cose allo stesso tempo, prototipo e prodotto finale, e che resta «una vera e propria conquista. Non c'è mai stato un acceleratore del genere, prima».
Al CERN – dove i ricercatori vivono e lavorano in un ambiente che ricorda un campus universitario – tutti sono convinti che a tempo debito l'acceleratore funzionerà alla potenza prevista.
«Sono sicuro che alla fine tutto andrà per il verso giusto», dice ad esempio Werner Riegler. «Certo è difficile prevedere se sarà in novembre. Basta pensare a quanti sono i componenti che devono funzionare insieme – e ogni singolo deve funzionare – per capire che serve del tempo a mettere a punto le cose».
Riegler è il coordinatore tecnico del gruppo che si occupa del rivelatore ALICE, un gigante fatto di milioni di sensori e posto in fondo ad un buco rivestito di cemento.
Destinato a raccogliere i dati risultanti dallo scontro di particelle, ALICE è uno dei quattro rivelatori collegati all'LHC. Ha un diametro e una lunghezza di 20 metri. Insomma, è tanto grande quanto complicato.
Grandi numeri
«Al progetto collaborano tra le 1000 e le 2000 persone», spiega Riegler. Strumenti e tecnologie sono stati messi a punto espressamente per l'LHC. «Non c'è nulla che si possa trovare sul mercato».
Con una potenza di 7 TeV, l'acceleratore del CERN strappa il primato al quarantenne Tevatron, che, situato alle porte di Chicago, opera ad una potenza di 1 TeV.
Per trasmettere energia alle migliaia di magneti situati nell'anello dell'LHC è necessario raffreddare i cavi con elio liquido e portarli a temperature vicine allo zero assoluto. A temperature normali non potrebbero reggere la corrente.
«Ogni nuova macchina non spinge più in là soltanto le frontiere del sapere, ma anche le frontiere della tecnologia», ricorda Gillies.
Isolare un anello di 27 chilometri e mantenerlo a temperature più fredde di quelle dello spazio profondo non è impresa da poco. Pochi giorni dopo il lancio del primo fascio di particelle, una fuga di elio ha costretto il CERN a disinstallare 53 magneti.
Ognuno di questi è lungo più di dieci metri e ha un suo posto preciso all'interno dell'acceleratore. È stato necessario smontarli e riportarli in superficie al fine di pulirli.
Avanti tutta
Dopo un'iniziale delusione è necessario riprendersi, «cercando di capire come intervenire e questo è esattamente quello che ha fatto chi lavora qui», racconta Gillies.
Un obiettivo, l'acceleratore di particelle ginevrino l'ha già raggiunto: ha contribuito a portare tra la gente comune l'interesse per la fisica nucleare. Il CERN ha fatto la sua apparizione in un libro dello scrittore statunitense Dan Brown e le spiegazioni di Gillies sono state pubblicate in giornali e riviste di tutto il mondo.
Lo scorso anno, l'ufficio stampa del CERN ha accolto all'incirca 800 giornalisti, più del doppio del solito. E ha dovuto confrontarsi con i timori di chi aveva paura che l'LHC potesse creare un buco nero capace d'inghiottire il pianeta. Per bloccare gli esperimenti sono state intraprese senza successo delle azioni legali alle Hawaii e a Strasburgo.
Gillies, fisico prestato alla comunicazione che si esprime in modo affabile e chiaro, accetta le sfide di buon grado. In fondo – fa notare – il primo acceleratore del CERN, il protosincrotrone, è stato costruito cinquant'anni fa ed è ancora in funzione.
Nel frattempo, i fisici hanno placato la loro sete di conoscenza studiando i raggi cosmici e ora sono occupati con i preparativi per il secondo varo dell'LHC. «In questo momento», conclude Riegler, «la pressione è davvero sulle spalle di chi sta costruendo questo acceleratore».
Justin Häne, al confine tra Svizzera e Francia, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento dall'inglese, Doris Lucini)